“Desmond Lucky se ne andò, Oseghale tentò di rianimarla con acqua sulla faccia per farla riprendere, lei si riprese. Oseghale l’ha spogliata, era sveglia” ma aveva “gli occhi girati all’insù” e “hanno avuto un rapporto sessuale completo”. Poi la “ragazza voleva andare via a casa a Roma perché aveva il treno, disse che se no l’avrebbe denunciato. Ebbero una colluttazione, si sono spinti, Oseghale le diede una coltellata all’altezza del fegato e dopo una prima coltellata Pamela cadde a terra”. E’ il racconto del pentito Vincenzo Marino, ascoltato come supertestimone dell’accusa nella seconda udienza del processo davanti alla Corte di Assise di Macerata per la morte di Pamela Mastropietro. Marino riporta le confidenze raccolte in carcere da Oseghale, il nigeriano imputato e accusato di aver ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana, quando ad Ascoli furono detenuti insieme per un breve periodo.
“Sono andati a comprare una siringa e sono andati a casa, Oseghale, Desmond Lucky, la ragazza per consumare un rapporto a tre” perché “Desmond Lucky e Oseghale volevano stare con la ragazza”, afferma ancora Marino affermando che “inizialmente mi disse che” con l’omicidio “non c’entrava lui, ma altre persone”, Oseghale “mi raccontò che la ragazza si era fatta di roba, Desmond si avvicinò per approcciarla e la ragazza lo respinse, Desmond Lucky gli diede uno schiaffo e la ragazza cadde a terra e svenne. Poi Desmond Lucky se ne andò”, continua. Quanto a eventuali complici, il pentito sottolinea: “Non fece il nome di nessuno”.
Dopo averla fatta a pezzi “l’aveva lavata con la varechina perché così non si sarebbe saputo se era morta di overdose o assassinata“, ha continuato Marino affermando ancora che Oseghale gli “disse che aveva un sacco in frigo dove mettere i pezzi, ma che non ci andavano e che l’ha dovuta tagliare e l’ha messa in due valigie”. Chiamò un taxi, ma mentre era in auto “la moglie lo chiamava ed è andato nel panico”, ha proseguito il pentito rispondendo, a una domanda su Oseghale e i presunti rapporti con la mafia nigeriana, che l’uomo gli “disse che era uno dei referenti dei nigeriani a Macerata, al livello sia di prostituzione che di stupefacenti”. Disse che “faceva riferimento a Padova e Castel Volturno”, ha aggiunto.