Il sedici aprile 1988 all’ora di pranzo, terroristi delle Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente, entrarono in casa del Senatore democristiano Roberto Ruffilli a Forlì. Ruffili fu costretto a inginocchiarsi davanti al divano e Stefano Minguzzi lo fulminò con tre colpi della mitraglietta Scorpion usata anche per Lando Conti ed in via Acca Larentia. Il Senatore era scapolo e viveva da solo, l’anziana zia Silvana Rossetti e la Polizia lo trovarono morto in salotto.
Roberto Ruffillli era professore di Storia contemporanea all’Università di Bologna. Dopo il delitto Moro Fu uno degli intellettuali di punta della DC per le questioni legislative costituzionali e amministrative. Era stato a presentare un libro, presso la camera di commercio di Forlì, per i cento anni dell’oratorio salesiano “San Luigi” dove era cresciuto. Rientrato a casa diventò, purtroppo, l’ultima vittima delle “Vecchie Brigate Rosse”. Una formazione terrorista in via di estinzione che verrà definitivamente disarticolata indagando appunto su questo efferato delitto.
Il 21 aprile 1988, le Brigate Rosse fecero ritrovare a Roma un volantino di rivendicazione. Ne segue uno stralcio: ”Sabato 16 aprile un nucleo armato della nostra Organizzazione ha giustiziato Roberto Ruffilli… uno dei migliori quadri politici della DC, uomo chiave del “rinnovamento”, vero e proprio cervello politico del progetto demitiano, progetto teso ad aprire una nuova fase ”costituente…”.
9 ergastoli
Le indagini sull’omicidio Ruffilli si conclusero a processo e portarono a nove ergastoli e tre assoluzioni. La corte di Assise di Forlì condannò Fabio Ravalli, Maria Cappello, Franco Grilli, Stefano Minguzzi, Tiziana Cherubini, Franco Galloni, Rossella Lupo, Antonio De Luca, e Vincenza Vaccaro all’ergastolo.
Fulvia Matarazzo, Daniele Bencini e Marco Venturini furono assolti, nonostante la loro appartenenza alle Brigate Rosse. Tutti e tre rimasero comunque in carcere per altri delitti.
Uno degli interrogativi apparsi nella requisitoria dell’Accusa fu come avessero fatto imputati di livello culturale abbastanza basso a conoscere e capire il ruolo del senatore, uomo discreto e figura politica di primo piano, ma defilata nello scenario pubblico.
Ruffilli fu ucciso al termine della spirale istituzionale che portò alla fine della prima Repubblica. Negli anni ottanta infatti le condizioni di stabilità, quasi di stagnazione politica che duravano dal dopo guerra si andavano esaurendo. La Democrazia Cristiana, diga atlantista e baricentro di ogni coalizione di governo possibile, per la prima volta non portava un suo esponente a palazzo Chigi. Per la prima volta saliva a Palazzo Chigi prima il repubblicano Giovanni Spadolini poi, più saldamente, un socialista: Bettino Craxi.
Craxi: la tv, il Vaticano e Sigonella
Quest’ultimo in particolare rivoluzionò la comunicazione politica sfruttando il mezzo televisivo. Craxi rimodulò i rapporti con il Vaticano attraverso il Concordato e indispettì l’alleato americano con la crisi di Sigonella. Il partito comunista, svanito il sogno del sorpasso affrontava la crisi del consenso per la disillusione della base elettorale.
In quel periodo più o meno tutti i partiti erano convinti che lo Stato andasse riformato. Purtroppo non esistevano soluzioni condivise. De Mita aveva affidato il progetto delle riforme a Roberto Ruffilli: uno dei migliori intellettuali della democrazia cristiana di allora. Le brigate rosse negli anni ottanta avevano subito duri colpi dagli investigatori. L’esiguità delle risorse umane, organizzative e operative imponevano alle Br di attaccare obiettivi a bassa intensità, personaggi poco visibili e poco protetti ma importanti per la loro funzione. Abitudinari nella loro vita privata.
Le limitate azioni di fuoco miravano alla destabilizzazione dei processi di innovazione istituzionale che la politica tentava faticosamente di attuare. Le B.R. intuirono precocemente le capacità politiche di Ruffilli, ed andarono ad ammazzarlo nella sua casa di Forlì, quel sabato pomeriggio. Con la stessa logica era stato ucciso Ezio Tarantelli capo dell’Ufficio Studi della Cisl anni prima. Parecchi anni dopo saranno uccisi Massimo D’Antona e Marco Biagi.
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