Ong – Se politici, attori e rockstar sono tra i maggiori finanziatori delle Ong d’oltralpe quelle nazionali hanno un benefattore d’eccezione: l’erario pubblico.
Una somma che, molto probabilmente, è destinata a salire perché il conteggio complessivo del 2018 non è stato ancora completato. Senza contare che a questi soldi, proprio a dicembre, sono stati aggiunti altri 20 milioni erogati dal ministero dell’Interno, che ha messo in piedi un’iniziativa senza precedenti, improvvisandosi donatore della cooperazione internazionale e occupandosi direttamente anche delle proposte progettuali da finanziare.
Certo che modulare tutto il compendio di risorse, sulla base di alcune regolamentazioni e dettati, non sarebbe una pessima idea. E il codice di condotta ne uscirebbe rafforzato. Ma tant’è. Forse però organizzazioni nazionali prediligono un altro genere di dettati, quelli europei, più sbottonati e compiacenti.
La stessa Ue eroga un altrettanto 35% mentre, quasi il 20% arriva dagli enti territoriali attraverso la cooperazione decentrata e il restante 10% da agenzie delle Nazioni Unite e altre realtà internazionali. In quest’ultima porzione rientrano i fondi privati, oltre a quelli derivanti dalle donazioni individuali, il cosiddetto canale fiscale del 5×1000, la partnership con le aziende e non ultimo, dall’azione filantropica di alcune fondazioni e realtà religiose.
In questo coacervo di dati e percentuali viene fuori che l’anno finanziario appena trascorso, ossia il 2018, ha visto crescere di ben 72 milioni di euro i bilanci delle 15 più grandi Ong italiane (pari a un 11%). Di contro invece si arresta la grande corsa verso l’alto delle big internazionali. In aumento, ma più contenuto degli scorsi anni, Save the Children e Medici senza frontiere, nonostante il coinvolgimento diretto nelle attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. Invece le flessioni più importanti riguardano Cesvi, Emergency e Cies, che recupererà la perdita con i finanziamenti ministeriali dovuti alle campagne sui rimpatri volontari assistiti.
Flessioni minimali a parte, il compendio di numeri e risorse dimostra che il grido d’allarme lanciato dal mondo no profit in concomitanza a Matteo Salvini ministro è stato un lamento efficace a catturare l’attenzione e qualche soldo in più. È palesemente vero che la continuità degli investimenti pubblici non è stata danneggiata.
In pratica le Ong hanno messo le mani avanti soprattutto sul rinnovo delle assunzioni che avrebbero potuto garantire, gridando «al lupo (Salvini), al lupo (Salvini)», sull’onda delle lamentazioni di coop e onlus impegnate nel business dell’accoglienza. Così facendo l’intero settore è riuscito a mobilitare un maggiore interesse che ha fatto crescere gli introiti di buona parte delle organizzazioni e di conseguenza anche il numero di risorse umane impiegate: oltre 3mila in Italia, addirittura 20mila per le Ong di estrazione internazionale.
Antonella Aldrighetti per www.ilgiornale.it