Palazzo Chigi guarda Piazza San Pietro
Camera con vista sul Conclave
(parte quinta ed ultima)
Quei numeri che non dicono tutto
Dopo aver ripercorso le tappe di avvicinamento di Meloni e del suo governo al Vaticano, cerchiamo ora di ribaltare il punto di vista prospettico, provando ad osservare le cose da dentro le sacre stanze.
Non è certo un mistero che la geografia interna alla Santa Sede sia piuttosto frastagliata e che molti degli equilibri attuali si giochino anche in funzione del prossimo conclave, sia esso nel futuro prossimo o remoto.
Al riguardo ci piace partire dalla concretezza dei numeri. Oggi i cardinali elettori (con meno di ottanta anni) sono 134: ben 97 creati da Francesco, 28 da Ratzinger e 9 da san Giovanni Paolo II. Nella composizione geografica a prevalere è sempre il partito “europeo” con 52 cardinali. Poi 38 del continente americano; 22 dell’Asia; 19 dell’Africa; 3 infine dell’Oceania.
Ma, se andiamo oltre la prevedibilità dei numeri, senza scomodare il “soffio dello Spirito”, la questione appare molto più complessa e meno “manichea” di quanto riveli la superficie.
Due cardinali italiani al centro della scena
Non è nostra intenzione sviluppare un toto-conclave a 360°, sia perchè non è cosa attuale, ma anche perchè il nostro focus riguarda le prospettive del quadrante italiano.
Entro tale perimetro ci sono tutti gli elementi riassuntivi delle dinamiche vaticane, ma, a nostro parere, non così rigidi come certa narrativa giornalistica vorrebbe far credere.
È indubbio che la scena “italiana” presenti due cardinali forti al centro della scena: Zuppi e Parolin.
Cerchiamo di capirne meglio il profilo, la prevalente cultura di riferimento, lo stile e la prassi.
Le tante “dimensioni” del Cardinale Zuppi
Partiamo dal Cardinale Matteo Zuppi. È figura molto vicina alla Comunità di Sant’Egidio (di cui è stato anche assistente ecclesiastico generale) – fondata dall’ex ministro Andrea Riccardi – e giornalisticamente conosciuta come la comunità «Onu di Trastevere», che può contare anche sullo storico sostegno del presidente della Pontificia accademia per la vita, monsignor Vincenzo Paglia.
Forte di questa vicinanza con Sant’ Egidio e di un crescente peso in Vaticano, Zuppi si è reso protagonista in diverse e difficili situazioni diplomatiche internazionali, fino a diventare, come ad esempio scrivono autorevoli fonti americane, il responsabile di tutte le operazioni nel Continente nero. A proposito, sono molto solidi i rapporti di stretta cooperazione che Zuppi, nel corso della sua attività diplomatica, ha costruito con Washington.
Parallela a questa dimensione internazionale c’è quella più feriale, che lo ha portato a guidare molte parrocchie romane, anche di periferia, compreso quella di Santa Maria in Trastevere, fino alla nomina a Vescovo di Bologna (2015), Cardinale (2019) e Presidente della CEI (2022m)
Uomo del dialogo, emerge dalla sua ottica pastorale e missionaria una visione che non prevede la soluzione “identitaria, muscolare, conflittiva». “Di fronte ad un mondo che si e ci trasforma si disinteressa della missione, la maggiore preoccupazione – sostiene Zuppi – non è quella di serrare le fila, di ridire chi siamo”. Riguardo alla Chiesa in Italia, il card. Zuppi è convinto che essa abbia un peso che va molto al di là dei confini che possiamo immaginare: «Quella di tracciare dei confini chiari – dice spesso – è una tentazione dalla quale il Papa ci mette in guardia», per cui non possiamo fare a meno «di parlare con tutti e ascoltare tutti».
Nonostante questa precisa caratterizzazione, che delinea un cattolicesimo molto diverso, forse addirittura opposto, a quello che ha dominato la Chiesa italiana negli anni ’90 e Duemila, il Card. Zuppi, come ha scritto Il Foglio, sa essere “di lotta e di governo”. A dimostrazione di ciò, citiamo l’intervista del Febbraio 2024 a Civiltà Cattolica, in cui parlando di migrazione, definisce “buona”, anche se “dialettica” l’interlocuzione con il Governo italiano; su “certi tavoli” addirittura “ottima”. L’obiettivo comune- a suo dire : “Sconfiggere con la legalità l’illegalità”.
All’opposto, da leggere in chiave di “lotta”, le bordate che la CEI, che lo vede Presidente, ha riservato alla doppia fondamentale riforma del governo Meloni: premierato ed autonomia differenziata.
Parolin: lungimirante stratega a livello mondiale e uomo della “sveglia” in Italia
Ma passiamo al secondo protagonista: il Cardinale Parolin. Veneto, introverso, riflessivo, a 14 anni è entrato in seminario e ha svolto sempre il suo servizio presso la diplomazia della Santa Sede.
Profondo conoscitore dell’America Latina, Parolin parla fluentemente spagnolo. Ha aiutato la Chiesa sudamericana ad uscire da difficili “secche”, dal Messico al Venezuela.
Abile negoziatore, nonché lungimirante stratega – a lui si deve la posa della prima pietra nei rapporti con Pechino – l’arcivescovo viene eletto Segretario di Stato da papa Francesco nel 2013, prendendo il posto di Bertone. Uomo guida in Vaticano, qualcuno lo ha paragonato a Casaroli, capace di interpretare un’epoca storica di transizione entro un nuovo contesto multipolare. Secondo molti “vaticanisti”, il più abile nel gestire il delicato passaggio tra il pontificato di Ratzinger e quello di Bergoglio.
Gli stessi vaticanisti lo annoverano nel fronte conservatore, anche se illuminato
A livello italiano, Parolin ha espresso più volte posizioni inequivocabili, come quella ad esempio sulla questione del matrimonio omosessuale. A suo tempo ha commentato la legalizzazione irlandese come “una sconfitta per l’umanità”.
Netta anche la sua posizione sui rapporti tra cattolici italiani e politica, che postula una decisa “sveglia”:«I cattolici – sostiene Parolin al TG1 – devono tornare a esprimere la loro posizione all’interno del dibattito politico». E prosegue:”Che parlino e che siano anche tenuti in considerazione perché io credo che i cattolici per la loro storia e per i contenuti delle loro proposte possono dare davvero delle risposte effettive ed efficaci ai problemi del Paese”.
Per concludere aggiunge:”Credo che una posizione più autonoma e più profetica i cattolici potrebbero averla».
Il derby è servito
Sullo sfondo i “retroscenisti” potrebbero trovare tutte le condizioni per ipotizzare un vero e proprio “derby” italiano nel futuro conclave tra Parolin per i conservatori e Zuppi per i progressisti, con quest’ultimo favorito dai numeri potenziali.
Da oltretevere fonti molto autorevoli – rischiando di spiazzare tutti – spiegano però che Papa Francesco ha molta considerazione del Cardinal Parolin, attuale segretario di Stato della Santa Sede; stimato da Bergoglio per le sue grandi capacità, doti relazionali e la sua profonda conoscenza dei rapporti internazionali. Di recente non è passata inosservata la sua missione in Ucraina per esplorare possibili condizioni di pace.
Ma Zuppi, che lo stesso Papa Francesco ha voluto alla guida della Cei, se farà bene come capo dei vescovi, avrà molte chance in vista del conclave
Qualche vaticanista però sostiene la seguente tesi: Bergoglio comincia a pensare che un “fine tessitore” sia forse più indicato a ricucire una condizione di potenziale divisione nella Chiesa, che una scelta più “sbilanciata” rischierebbe di acuire irrimediabilmente. Papa Francesco potrebbe così aver cominciato a far suo il consiglio del grande Manzoni: “Adelante, con juicio” (avanti con giudizio)..
In attesa di sviluppi ulteriori, il derby è servito
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