Incredibile tornare ai ricordi degli anni 80, rivedere quel Partito Comunista che si viveva quotidianamente in casa. Quell’ideologia fortemente attenta ai bisogni del popolo, ai bisogni dei lavoratori, a tutto quello che era la questione sociale. Quel partito fatto di gente, anticlericale ma legato alle tradizioni, ed i cui iscritti festeggiavano il Natale. Pensare alla nonna che sopportava malvolentieri i preti, ma mai avrebbe potuto accettare di togliere il crocifisso, che non diceva certo bene del Vaticano, ma ascoltava sempre l’Angelus in televisione e non mancava mai di osservare le feste religiose. Soprattutto il Natale, con una grande tavola con tutti i figli, gli zii, le mogli i nipoti.
Doveva essere il giorno di Santo Stefano, alla TV una telenovela messa dalla zia ed una voce : “sta roba fa male fa diventa froci i regazzini”. Coro di risate, il fratello del nonno, storico dirigente della sezione locale: ” Non ci voglio neppure pensare, li strozzo con le mie mani se solo ce provano “. Inorridita la cugina universitaria, inizia furente a dire ( priva di quel timore reverenziale che avrebbero avuto i cugini coetanei maschi) che la sinistra deve stare dalla parte dei deboli, che ci sono tanti veri compagni al collettivo universitario omosessuali. Un’Italia che non esiste più, un quadro ingiallito di un grande pranzo di Natale familiare dove gli zii parlano della resistenza, del bisnonno morto in Germania e del fatto che la sinistra (in realtà i comunisti) pensa ai lavoratori; il popolo è fatto di gente seria, le perversioni le si lasciano ai ricchi.
Insomma i compagni sono quelli che stanno nelle fabbriche, ma anche nelle piccole botteghe (in verità è una tavola Borghese di tradizione comunista, perlopiù vi siedono piccoli commercianti e bottegai) e la sinistra deve pensare a far riavere la scala mobile a quelli che mandano avanti casa e famiglia: “non hanno tempo da perde a fa ste schifezze le persone serie” – non ricordo chi disse la frase. E poi gli zii che cominciano a chiedere alla sventurata se volesse fare come Pannella che pensava agli omosessuali, alle prostitute e non pensava ai lavoratori. Inutile parlare del tema dell’aborto con loro, anche perché credo che se disgraziatamente una delle loro figlie fosse rimasta incinta da non sposata avrebbe veramente passato un bruttissimo quarto d’ora. Inutile dibattere parlando di Pasolini… secca una voce che stronca tutto ” Pasolini lo abbiamo cacciato via non era un compagno vero”. La cugina va nell’altra stanza dicendo che non lo meritavano.
Oggi queste cose sono dimenticate, oggi non si pensa più al fatto che realmente c’è stato un bigottismo ostativo per anni nei riguardi di Nilde Iotti che aveva la sola “colpa” di non essere sposata con Palmiro Togliatti. Oggi queste cose sembrano lontane e, magari, in parte possono anche far sorridere.
È però bello incontrare in una nota bisteccheria Fiorentina Paola Concia, donna solare, brillante e di una simpatia fuori dal comune e ridere insieme a lei ricordando questi aneddoti, ricordando il forte moralismo che pervadeva il Partito Comunista di quegli anni. Condividere con Paolo Amato l’opinione che c’era però in quelle persone anche un grande rigore morale sull’onestà e la gestione della cosa pubblica. Scherzare sui miei anni giovanili nel Fronte della gioventù, nei quali noi della nuova generazione citavamo Che Guevara e Pasolini, e sentire realmente la reciproca stima che lei ha con molti esponenti leghisti.
Nella nostra meravigliosa Firenze, accade anche questo, si vive per un momento permeante nelle nostre tavolate trasversali l’atmosfera magica e tramontata di un Italia che fu.