Pietro Berrettini, meglio noto come “Pietro da Cortona” (Cortona, 1596 – Roma, 1669), ben conosciuto in qualità di pittore, ancora poco indagato come architetto. Ci ha pensato un’illuminante mattinata d’approfondimento tenutasi ieri presso i locali dell’ex convento di Sant’Agostino a Cortona a ripercorrere le influenze determinanti per la formazione artistica del maestro, di cui quest anno ricorre il 350esimo anniversario dalla morte.
Durante l’incontro si sono alternati il Prof. Sebastiano Roberto con un intervento incentrato sulla centralità dell’elemento architettonico nella formazione del maestro, la Dott.ssa Olimpia Bruni che ha analizzato nel dettaglio alcune opere pittoriche del Berrettini presenti a Cortona e la Dott.ssa Eleonora Sandrelli che ha focalizzato l’attenzione sul contesto: il “prima” ed il “dopo” di un artista che ha saputo attingere dal proprio tempo e segnare quello successivo.
Presenti anche le autorità del territorio: il Sindaco di Cortona Luciano Meoni, il vice-sindaco ed Assessore alla Cultura Francesco Attesti ed il Consigliere Regionale Marco Casucci, che hanno sottolineato come l’incontro sia stato il primo passo verso una mostra che nel 2021 celebrerà l’artista in territorio cortonese, presentando opere mai esposte, appartenenti a collezioni private.
Un artista poliedrico il Berrettini, l’ultimo di un’epoca che vede sempre più farsi rilevante la specializzazione artistica. Ed al contempo un genio di transizione, chiamato ad interpretare il linguaggio del proprio tempo ed a traslarlo verso un tempo nuovo. Nulla di meno di quanto altrettanti maestri ci abbiano lasciato in eredità nelle grandi epoche di tradizione della storia.
Si forma col modello michelangiolesco e ne attinge a piene mani, sviluppando una sensibilità del tutto peculiare verso la dimensionalità; d’altronde l’architettura è per lui quasi una “questione di famiglia” che gli resterà incollata addosso per tutta la vita, plasmando sin dalla più acerba età i confini del genio. Respira la lezione di Vitruvio e l’applica nei bozzetti anatomici giovanili dove comincia a delinearsi la sua prorompente personalità scenografica, la stessa che come un fil rouge attraverserà tutta la sua produzione artistica. Viene introdotto all’Antiquaria e l’introduce nella propria arte, specialmente in architettura. Fa esperienza del simbolismo, dell’astrologia e di un variegato panorama mistico circolante al tempo e lo traduce in pittura, esplorando in maniera intrigante i rapporti tra scienza ed arte. Ben oltre, il Berrettini anticipa alcuni caratteri del Barocco, immerso com’è nel clima della Roma papalina in fase di piena rinascita e tuttavia vi applica quell’accortezza della misura che è poi la cifra d’autenticità di un artista vivente a cavallo tra le epoche.
Berrettini lo “scenografo” dunque. Lo stesso che dimostra d’aver compreso e ben interiorizzato quel rapporto tra figura e struttura, tra forma ed ideale che gli viene in eredità dal passato. E Berrettini il “teatrale“, che a Roma lavora col Bernini e ne assorbe la maniera, traducendola nella sua pittura ed aprendo la strada ad alcune caratteristiche poi iconiche del Barocco. Così le sue opere più mature si fanno svolazzanti, cariche di colore ma anche incredibilmente audaci nelle pose, nella plasticità, nell’affollarsi figurativo. Berrettini l'”audace“, i cui affreschi sono il tentativo di superare i limiti dello spazio non soltanto immaginando di dilatare le pareti e di attraversare gli stessi confini da lui tracciati ma anche cercando lo sfondamento dei soffitti, “l’aprirsi di un velario che permette l’apparizione di un numero stupefacente di figure volanti” com’è stato più volte sottolineato. La sua d’altronde è un’arte al servizio del potere, che deve celebrare ed assieme sbalordire in un tempo nuovo.
Berrettini il poliedrico quindi, capace di passare dal rigore alla meraviglia, dalla realtà alla finzione. Di solcare il proprio tempo e di lasciare un solco per il tempo futuro.
…Quello che non vediamo l’ora di scoprire alla mostra del 2021.