Più «materia oscura» immunologica. Ovvero più persone refrattarie al contagio per cause geografiche e/o naturali. Sembra essere questa la ragione del basso di mortalità con cui la Bundesrepublik ha attraversato la pandemia. Nonché quello per cui ne sta uscendo rapidamente.
L’ipotesi è di Karl Friston, neuroscienziato dell’University College di Londra. Medico specializzato nella costruzione di modelli matematici del funzionamento del cervello umano.
Materia oscura immunologica: Regno Unito vs Germania
«Abbiamo confrontato — spiega Friston — Regno Unito e Germania per cercare di capire il tasso di letalità relativamente piccolo di quest’ultima. E le risposte qualche volta sono contro-intuitive. Per esempio, che il dato tedesco non ha tanto a che fare con la loro capacità di fare test a tappeto, ma con il fatto che il tedesco medio ha meno probabilità di infettarsi e morire dell’inglese medio. Ci sono diverse spiegazioni possibili per questo. Una però appare sempre più probabile e cioè che la Germania ha più dark matter immunologica del Regno Unito, cioè più persone che sono difficili da infettare o perché geograficamente isolate o perché hanno qualche tipo di resistenza naturale».
Friston spiega che per questa «materia oscura» vale la stessa regola che vale per quella di cui è composto l’85% dell’universo. «Non possiamo vederla ma sappiamo che deve esserci per spiegare quello che siamo in grado di vedere».
Test di massa
Secondo lo scienziato, avere questa cognizione «è importante per prepararsi a una eventuale seconda ondata della pandemia. Nel senso che test mirati su chi ad alto rischio di esposizione al Covid-19 potrebbero essere un approccio migliore dei test di massa sull’intera popolazione».
La Germania ha avuto finora 181 mila contagi e oltre 8500 decessi, contro i 274 mila e 39 mila morti del Regno Unito.
Nell’analisi della pandemia in Gran Bretagna, i modelli di Friston hanno permesso per esempio di predire che i ricoveri ospedalieri avrebbero raggiunto il picco il 5 aprile e i decessi cinque giorni dopo. Oltre ad anticipare che i primi miglioramenti si sarebbero registrati a partire dall’8 maggio.
«Su tutte le nostre previsioni ci siamo sbagliati al massimo di uno o due giorni», spiega lo studioso.
Lo scenario di una seconda ondata
Friston sta ora elaborando un modello per capire gli sviluppi del Coronavirus e lo scenario di una seconda ondata. «La vera preoccupazione è che una seconda ondata potrebbe esplodere tra alcuni mesi, quando probabilmente l’immunità sarà svanita. Possiamo testare una varietà di ipotesi, da una breve durata dell’immunità, come un raffreddore, a una immunità che duri per anni. Per ogni possibilità calcoliamo la probabilità e i tempi dell’esplosione di una recrudescenza».
Siamo di fronte ad un lavoro pionieristico, che necessita di nuovi dati sull’immunità da test sierologici. «Ma la notizia importante è che abbiamo una finestra di opportunità di poter avere protocolli per test. E tracciature prima dell’ipotetica seconda ondata». Applicati in modo corretto «questi potrebbero consentire di differirla fino al momento in cui ci sarà un vaccino contro il virus».
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