Fino a che punto è disposto a spingersi il politicamente corretto? Dal mio punto di vista fino alla creazione di una “nuova religione dell’omologazione”. Con la nuova funzione di Google Doc si rischia di realizzare una comunicazione in forma scritta fatta di contenuti “fotocopia”, dove a farne le spese è il libero pensiero.
L’algoritmo politicamente corretto
Come riporta “La Stampa”, se scrivi una parola che l’intelligenza artificiale di Google giudica non adatta si apre una finestra con scritto: “Avviso inclusivo. Alcune di queste parole potrebbero non essere inclusive per certi lettori. Considera l’uso di parole diverse”.
Per fare un esempio riguardo alle correzioni è possibile citare alcuni dei suggerimenti: “proprietario”, invece di “padrone di casa”, ufficiali di polizia, piuttosto che “poliziotti”, “partner che sta a casa”, al posto di “casalinga”. Si arriva anche all’indesiderato termine tecnico “scheda madre”. Al nuovo algoritmo sembra tutto “fastidioso e poco inclusivo”.
Ma ragionando su questi esempi citati in precedenza, con logica, possiamo accettare di non poter usare il termine “padrone di casa”, solo perché secondo una tecnologia politicamente corretta il termine “padrone” potrebbe essere un richiamo alla sopraffazione di un soggetto rispetto ad un altro? O magari, rinunciare a scrivere “scheda madre”, perché potrebbe non includere la figura del padre?
Tecnologia inutile
Ci sarebbe da ridere se la cosa non facesse piangere. Infatti, quando l’algoritmo di Google è stato messo alla prova per analizzare un testo razzista del Ku Klux Klan non ha trovato nulla da segnalare. Basta questo a dimostrare l’inutilità di tale tecnologia che può solo creare fastidio a chi si trova nell’atto di scrivere un testo, immerso nel suo flusso narrativo, dove qualsiasi interruzione o invasione rischia di portare fuori tema l’autore.
Anche se non è obbligatorio seguire un determinato suggerimento, resta l’invasione di quella sfera privata che deve necessariamente restare inviolata al fine di poter esprimere il libero pensiero senza condizionamenti esteriori. A prima vista potrebbe sembrare qualcosa di innocuo, ma in realtà, quello che si rischia di compromettere è la libertà di espressione.
È la nuova dittatura del linguaggio?
Volendo ragionare per assurdo, ipotizzando l’estensione un giorno obbligatoria in tutti i campi della vita di questo dispositivo, tutto dovrebbe esser messo in discussione e rivalutato. Nei film l’uso di parolacce, armi, esposizione di violenza sono all’ordine del giorno. Per non parlare dei contenuti presenti nel genere musicale della trap, sovente ricca di volgarità.
Secondo il principio dell’algoritmo politicamente corretto della inclusività assoluta, i testi di molti cantanti dovrebbero essere rivisti e per quanto riguarda il mondo del cinema, le armi, anche se utilizzate in un contesto cinematografico dovrebbero essere non impiegate in quanto divisive.
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