PONTE SI, PONTE NO
Il ponte sullo stretto di Messina è il progetto di costruzione di un ponte che colleghi il Comune di Messina con quello di Villa San Giovanni, in modo che si possa avere un’infrastruttura permanente per l’attraversamento, stradale e ferroviario, di quel tratto di mare che separa la punta meridionale della Calabria dalla cuspide nord-est della Sicilia. Il primo che pensò di realizzare un ponte che collegasse la Sicilia al continente fu Federico II di Borbone, il quale rinunciò per l’eccessivo costo dell’opera. Proposte e progetti continuarono anche dopo l’Unità d’Italia e nel secondo dopo guerra. Nel 1969 il Ministero dei Lavori Pubblici, dicastero del governo italiano che aveva competenze sulle reti infrastrutturali, bandì, addirittura, un “concorso internazionale di idee” per la realizzazione dell’opera.
Una storia travagliata e ricca di insidie, quello del ponte sullo stretto che ora, grazie al Governo Meloni vedrà la sua realizzazione.
Il progetto esecutivo per il Ponte c’è, i fondi ci sono e si partira’ con il cantiere l’anno prossimo con un primo finanziamento di 2 miliardi” ha dichiarato il sottosegretario al Ministero Economia e Finanza (MEF), Federico Freni, che ha già ricoperto lo stesso incarico nel governo Draghi, con un investimento complessivo dell’ opera pari a 12-14 miliardi. Per Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, il ponte “ha l’obiettivo di unire l’Italia all’Europa. Non è solo un ponte tra Messina e Villa San Giovanni, è un corridoio europeo che porterà lavoro in tutta Italia e soprattutto nelle due regioni più affamate di lavoro e di speranza”.
E mentre si discute di ciò, non mancano come sempre gli oppositori. Alla Camera è stata presentata una proposta di legge, che vede come primo firmatario, Angelo Bonelli, noto soprattutto per il suo impegno ecologista, ma che è sottoscritta da tutta l’Alleanza Verdi e Sinistra, per l’istituzione di un parco nazionale dello Stretto e della Costa Viola, come controproposta alla costruzione del ponte.
La proposta tende a creare un parco nazionale che comprenda più regioni, molto simile a quello delle Cinque Terre in Liguria.
Per gli ambientalisti, la costruzione del ponte è solo una delle tante cattedrali nel deserto, evidenziando la necessità di investimenti in opere pubbliche nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente ma molto più utili all’economia del nostro Paese, a partire dagli stessi territori direttamente interessati, implementando, ad esempio, la rete ferroviaria, che per moltissimi tratti corre ancora su un solo binario.
Sulla questione è intervenuto anche Don Ciotti, fondatore e presidente dell’associazione “Libera” che si batte contro i soprusi delle mafie in Italia e nel mondo, che in un intervento a Bovalino, un piccolo comune in provincia di Reggio Calabria, si è cosi espresso: “Attenzione, il ponte sullo stretto non unirà due coste, ma due cosche sicuramente si”.
“Un’affermazione di una ignoranza e di una superficialità senza confini” ha affermato il Ministro Salvini che rincara la dose sostenendo altresì: “bisogna avere rispetto nei confronti di milioni di persone perbene che meritano di lavorare, di studiare, di fare i pendolari e di andare a farsi curare come tutti gli altri. Mi fa schifo – continua Salvini – che qualcuno pensi che Sicilia e Calabria rappresentino le cosche”. Acque agitate, insomma.
E come se non bastasse per le strade di Messina centinaia di persone hanno manifestato per dire no al ponte sullo stretto.
Presenti al corteo sono apparse sigle quali i No Muos (Mobile User Objective System) movimento che si oppone al sistema di comunicazioni satellitari ad alta frequenza e a banda stretta, gestito dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, i No Tav, movimento contrario alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, considerata uno spreco di denaro pubblico e ritenuta dannosa per il territorio, ed una delegazione del Partito Democratico, di quella stessa sinistra progressista guidata anni fa dal professor Romano Prodi che, nel 1985, quando era presidente dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), esaltò il progetto del ponte sullo stretto alla commissione Trasporti della Camera, affermando di non porre ostacoli alla realizzazione di un’opera di prevalente interesse nazionale. D’accordo con il professore, nel 1996 fù anche Massimo D’Alema e poi, dopo la vittoria alle elezioni, il Ministro dei Lavori Pubblici, Antonio di Pietro.
Altri tempi, altre preoccupazioni.
Evidentemente, la memoria fa brutti scherzi.
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