PRESCRIZIONE: UN TEMA CICLICAMENTE ATTUALE
Negli scorsi giorni, presso la Commissione Giustizia alla Camera, è stato votato positivamente come testo base della prescrizione, la proposta di legge che ha avuto come primo firmatario Pietro Pittalis (Forza Italia) circa un ritorno alla “vecchia” prescrizione.
Negli ultimi anni, ad onore di cronaca, molti sono stati gli interventi legislativi che si sono susseguiti su questo istituto in ambito penale: la legge Orlando del 2017, la Riforma Bonafede (c.d. legge Spazzacorrotti) del 2019, nonché la più recente e fresca Riforma Cartabia.
Ricordiamo, altresì, che la prescrizione è un istituto che estingue il reato, ma non rappresenta affatto né una forma di innocenza né, tantomeno, una forma di colpevolezza; questo, perché, viene a mancare del tutto l’accertamento giurisdizionale nel merito dei fatti costituenti o meno reato. Un indagato o imputato (status che cambia a seconda della fase del procedimento penale in cui ci si trova), ben potrebbe comunque decidere di rinunciare alla prescrizione, chiedendo, invece, che la propria innocenza sia accertata nel merito.
L’istituto, in ambito penale, ha avuto origine di disciplina all’interno del Codice sardo-italiano, con l’inserimento avvenuto nel 1886; istituto ripreso anche nel codice penale Zanardelli del 1889 e poi, successivamente, all’interno del Codice Rocco (introdotto nel 1930.
È il nostro codice attuale, seppur contenutisticamente modificato dalle varie leggi che si sono susseguite nel tempo).
Francesco Carnelutti, Avvocato e Giurista, si era così espresso nel 1946: “se il processo penale è di per sé una pena, bisogna almeno evitare che la stessa abbia una durata irragionevole”. Piero Calamandrei, giurista, scrittore e uomo politico, nel 1953: “il segreto della giustizia sta in una sua sempre maggior umanità, e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta comune contro il dolore: infatti, il processo, e non solo quello penale, di per sé è una pena, che i giudici e avvocati debbono abbreviare rendendo giustizia”.
Riforme nel tempo
Prima della legge Cirielli del 2005, due soli erano stati gli interventi legislativi: la legge del 1988, con novità apportate al catalogo degli atti aventi efficacia interruttiva e nel 1990, mediante la pronuncia della Consulta (più nota come Corte Costituzionale), attraverso cui il legislatore andò ad introdurre il principio della rinunciabilità alla prescrizione (un soggetto, insomma, poteva chiedere di accertare nel merito la propria innocenza).
La ex legge Cirielli (n.251/2005) aveva apportato modifiche al Codice Penale Italiano.
La norma andò a modificare le modalità di calcolo della prescrizione dei reati.
Se la legge previgente utilizzava il metodo a “scaglioni”, la Cirielli ( applicata a quei reati commessi dal 9 dicembre 2005 al primo agosto 2017) aveva stabilito un diverso meccanismo: termini prescrizionali equivalenti al quantum massimo edittale previsto dal tipo di reato (es: delitto punito nel massimo con 10 anni di reclusione, la prescrizione interviene trascorsi 10 anni dalla commissione del fatto) mantenendo, però, dei limiti comunque minimi: 4 anni per i reati contravvenzionali, 6 anni per i delitti (es: delitto punito nel massimo con 5 anni di reclusione, la prescrizione interviene comunque dopo che siano trascorsi 6 anni dalla commissione del fatto). La Riforma Orlando (del 2017), applicata per i reati commessi dal 2 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, sinteticamente, aveva apportato modifiche all’articolo 159 del codice penale, prevedendo un’automatica sospensione del corso della prescrizione correlata ai gradi di giudizio, limitatamente alle ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza di condanna. In parole più semplici, in appello e in Cassazione la prescrizione si blocca, ma ciascun processo si deve concludere in 18 mesi, altrimenti l’istituto torna a riprendere il “proprio cammino”.
Le ipotesi di automatica sospensione del corso della prescrizione correlate ai gradi di giudizio introdotte da tale Riforma, sono poi venute meno con l’introduzione della legge “Spazzacorrotti” (Riforma Bonafede) del 2019.
La suddetta legge ha avuto come obiettivo principale quello di iniziare a svalorizzare la prescrizione, arrivando quasi ad una sua totale abrogazione. Per i reati commessi a partire da 1 gennaio 2020, blocco dell’istituto dopo la sentenza di primo grado(indipendentemente se di condanna o di assoluzione). Il rischio, insito in questa legge stava, però, nel fatto che avremmo potuto avere fasi di appello, nonché ricorsi in Cassazione, dall’elevato tasso spazio-temporale per poter giungere ad un pronunciamento. Con la Riforma Cartabia, entrata da poco in vigore, e applicata per quei reati commessi dal 1 gennaio 2020, ci si è mossi verso un cambio di paradigma. Viene mantenuta in vigore la prescrizione fino alla sentenza di primo grado (quindi come la legge Spazzacorrotti) con l’introduzione, però, dell’istituto della improcedibilità. Tale istituto fissa tempi massimi di durata dell’appello e della Cassazione. Il mancato rispetto dei termini (2 anni per l’appello, 1 anno per la Cassazione, salvo casi particolari), determina, inevitabilmente, l’estinzione del processo.
L’intervento della Commissione Giustizia alla Camera, targato centro-destra, con l’aggiunta di Italia Viva ed Azione, con pareri contrari di Pd, Movimento 5S e Alleanza Verdi, sembra quindi voler “sbriciolare” via le Riforme degli ultimi anni, con una evidente riesumazione della ex legge Cirielli.
Se vi è una certa esaltazione tra le forza di maggioranza, con la volontà di un ritorno ad una prescrizione sostanziale, piovono copiose critiche da parte dell’opposizione.
Per il leader del Movimento 5S, Giuseppe Conte, “in un paese normale dove ci sono forze politiche responsabili non si parlerebbe di sovranismi ma di sovranità di uno Stato che vuole far rispettare le regole a tutti. Che sovranità può rivendicare lo Stato Italiano quando forze di maggioranza, supportate anche da partiti di opposizione, non vuole celebrare i processi?” Sulla stessa onda, la Deputata Dem, Deborah Serracchiani: “Non c’è nessun interesse a ridurre la durata dei processi ma anzi il contrario. Ancora una volta si torna indietro sulle riforme della giustizia che ci hanno consentito di avere le risorse del Pnrr, che così mettiamo a rischio”.
La prescrizione è un istituto che torna di moda periodicamente tanto tra i banchi della maggioranza, tanto dell’opposizione.
Immancabili poi anche gli interventi degli addetti ai lavori nel mondo della giustizia, tra chi ne è fautore e chi, invece, opterebbe per la sua abrogazione. Insomma, la bagarre tra maggioranza e opposizione, tra giustizialisti e garantisti, pare essere nuovamente, nonché ciclicamente, ripartita.
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