Fabio e Nicola Riva, ex-proprietari ed amministratori dell’Ilva di Taranto sono stati condannati dalla Corte d’Assise di Taranto rispettivamente a 22 e a 20 anni di carcere. Le accuse per i fratelli Riva sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento e all’omissione dolosa di cautele. Il tutto per l’emissione da parte dell’acciaieria pugliese di diossina e particelle minerali altamente cancerogene.
Sono stati inoltre condannati a 21 anni e sei mesi di carcere l’ex responsabile delle relazione istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà e a 21 anni l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. È stata poi disposta la confisca degli impianti dell’area a caldo che furono sottoposti a sequestro il 26 luglio 2012 e delle tre società Ilva s.p.a., Riva fire e Riva Forni Elettrici. Condannato a 17 anni e sei mesi l’ex consulente della procura Lorenzo Liberti.
Nichi Vendola, ex-Governatore della Puglia, ha ricevuto una sentenza di 3 anni e mezzo. L’ex Presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido è stato condannato a 3 anni di reclusione.
I due politici sono stati entrambi condannati per concussione.
Infine, 2 anni anche all’ex direttore generale dell’Agenzia per l’ambiente (Arpa) della Puglia, Giorgio Assennato. Quest’ultimo era accusato di favoreggiamento nei confronti dell’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Secondo l’accusa, Assennato avrebbe taciuto delle pressioni subite dall’ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell’Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico.
Storia dell’Ilva
L’Ilva nacque negli anni ’60 nel quadro di un programma di industrializzazione del Mezzogiorno. Al culmine della sua produttività arrivò a forgiare 10 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno. Nel 2012 la magistratura impose la chiusura dell’impianto per via dell’inquinamento che stava creando. Uno studio realizzato nel 2016 dalla ARS Puglia ha infatti dimostrato che i tassi di morte per cancro ai polmoni erano circa il 30% più alti del normale nei distretti vicino allo stabilimento. I decessi per malattie respiratorie erano fino al 50% sopra la media. I lavoratori Ilva avevano il 41% in più di probabilità di sviluppare il cancro allo stomaco e il 72% in più di contrarlo ai polmoni.
Le reazioni alla sentenza sono state varie.
Commenti da parte di Vendola
Vendola ha dichiarato: “Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”.
Reazioni istituzionali
Di tutt’altro tenore sono stati i commenti del sindaco di Taranto, presente al processo con la fascia tricolore: “È stata una strage, lunga decenni, per il profitto. Oggi lo Stato italiano riconosce le sofferenze dei tarantini, riconosce gli abusi che si compiono per l’acciaio, da questo momento nessun esponente di Governo potrà più affermare con leggerezza che a Taranto ci si ammala e si muore di più perché consumiamo troppe merendine o troppe sigarette, oppure perché le nostre statistiche e gli studi prodotti negli anni non sono fondati. Questa sentenza è un macigno sulle azioni del Governo, non saremo un Paese credibile e giusto se all’interno del Pnrr, a partire dall’ex Ilva, non avvieremo una vera transizione ecologica”.
Altri commenti
È arrivato anche il commento della Uilm. Il segretario generale Rocco Palombella parla di “sentenza che deve rappresentare la fine di un’epoca fatta di inquinamento, di conflitto tra salute e lavoro, tra cittadini e lavoratori”.
“La lettura del dispositivo di sentenza della Corte di Assise di Taranto non lascia dubbi, e l’elenco dei colpevoli e delle pene racconta decenni di siderurgia del territorio ionico e delle conseguenze che i ‘veleni della fabbrica’ hanno avuto su lavoratori e cittadini morti e ammalati a causa delle esposizioni a cancerogeni e sostanze tossico nocive”. Così si esprime l’associazione Contramianto, parte civile nel processo.
Tra tutte le condanne quella di Vendola spicca particolarmente. Da ex presidente di un movimento politico che metteva l’ecologia in primo piano, rappresenta l’ennesimo esempio di quella sinistra che predica bene ma razzola male.
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