Romano Prodi ne è sicuro: “L’economia deve essere il vero campo da gioco. Prendiamo il costo del lavoro. Attualmente quello italiano è grandemente inferiore rispetto a quello tedesco e francese. E possiamo dire che è meno lontano da quello cinese: un tempo il nostro era 40 volte il costo orario del lavoro di Pechino, ora 2,5-3 volte. Non siamo a costo pari, ma ci stiamo avvicinando e bisogna preparare il futuro”.
Così Romano Prodi ha affermato, con una certa malcelata soddisfazione lo smantellamento del mercato del lavoro in Italia, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: riduzione del salario, e delle tutele tanto faticosamente conquistate in un secolo di lotte.
Ottimo lavoro.
E dire che lui dovrebbe essere un portavoce della compagine di sinistra, che delle lotte dei lavoratori, almeno a parole, ne ha sempre fatta una bandiera.
Ma, si sa, ormai i lavoratori italiani sono stati abbandonati dai nipotini del PCI, o di una delle mille sigle che si sono succedute negli ultimi anni, e che secondo i proclami di Zingaretti non sono destinate e finire qui.
Cambiare tutto, anche nome e simbolo, per non cambiare nulla.
Un futuro al Quirinale?
È un Romano Prodi a tutto campo quello intervistato dal ’Corriere della Sera’.
“Prima di andare in pensione a me piaceva fare il premier. Questo sì che mi piaceva, ma non ho mai puntato alla presidenza della Repubblica. E non ci penso certo ora”.
Nega decisamente che possa esserci il suo nome tra i candidati alla successione di Sergio Mattarella.
“Peraltro – aggiunge il Professore – quegli oltre 101 che in Parlamento votarono contro di me, ci sono ancora”.