Rischiano di tornare nelle casse di Bruxelles se non saranno spesi dalle Regioni entro il 31 dicembre 2018 finanziamenti europei per lo sviluppo rurale in grado di attivare finanziamenti pubblici per 120 milioni di euro a beneficio delle imprese agricole.
A lanciare l’allarme è Coldiretti, sulla base del monitoraggio realizzato sui dati del Ministero delle Politiche Agricole, dal quale si evidenzia la necessità di un deciso colpo di acceleratore nell’attuazione dei programmi. Le Regioni Puglia, Abruzzo, Liguria, Marche e Friuli Venezia Giulia rischiano infatti di perdere parte delle risorse impegnate per il 2015 secondo la regola dell’N+3 e cioè l’obbligo di spendere entro tre anni dall’anno previsto d’impegno.
Si tratta – spiega Coldiretti – di finanziamenti per misure finalizzate all’ammodernamento delle imprese agricole, a progetti di filiera, al biologico, alla difesa della biodiversità, alla forestazione ed all’insediamento di giovani agricoltori contenuti nei piani di sviluppo rurale (Psr). Dallo stato di attuazione dei Psr aggiornato al 31 ottobre 2018 emerge che la spesa relativa alla programmazione 2014-2020 è stata pari in media solo al 23% del totale con in testa la Provincia di Bolzano (51%), il Veneto con il 39% alla pari con la Provincia di Trento, a seguire la Calabria con il 30%, la Sardegna con un livello di spesa del 29%, il Piemonte (26%) quindi Umbria, Toscana (25%) l’Emilia ed il Molise al 24%, la Valle d’Aosta e la Sicilia al 23%, la Lombardia (20%), il Lazio (19%), la Campania (18%) e la Basilicata (17%). Complessivamente sono stati spesi 4,7 miliardi di euro (2,3 miliardi di fondi Feasr).
“Bisogna evitare di ridare i soldi a Bruxelles. Il nostro Paese non è credibile se chiede altri soldi e poi non li spende“, afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini nel criticare l’attuale architettura dello Sviluppo rurale. “Con misure nazionali – precisa Prandini – sarebbe possibile con la nuova programmazione dirottare sulle regioni virtuose i soldi non spesi. Ma altro diktat per la prossima riforma è – conclude il presidente di Coldiretti – che le risorse dello Sviluppo rurale siano destinate esclusivamente alle imprese agricole che svolgono un ruolo fondamentale di tenuta del territorio.”
PSR: la situazione finanziamenti in Toscana
“La nostra regione – spiega Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Toscana – rispetto alle risorse pubbliche disponibili per il settennato, che ammontano a 945 milioni di euro di finanziamenti, ha pagato al 31 ottobre 236,5 milioni di euro pari al 25%. Le cose in Toscana non vanno male – continua Filippi – però bisogna accelerare le procedure di spesa per dare risposte sollecite alle imprese agricole toscane che vogliono realizzare nuovi investimenti ed evitare di ridare i soldi a Bruxelles: serve un cambio di passo altrimenti non siamo credibili.”
“Considerando che le risorse messe a bando in Toscana superano 830 milioni di euro – afferma Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana – ci sono circa 600 milioni di interventi per i quali è in itinere il lavoro di istruttoria. La nostra Organizzazione – continua De Concilio – ha messo più volte a disposizione della Regione tutta la propria struttura e la capacità di lavoro per rendere possibile una rapida evasione delle procedure con una sollecita liquidazione dei finanziamenti destinati alle imprese agricole, proponendo anche nuovi modelli di sussidiarietà. Occorre sostenere le attività delle aziende agricole ed impegnarsi ai massimi livelli affinché le preziose risorse europee arrivino il prima possibile ai beneficiari, non solo per scongiurare il ritorno nelle casse di Bruxelles ma per non vanificare lo sforzo delle imprese che investono per produrre buon cibo e posti di lavoro per l’intera società”.
La Coldiretti nell’immediato ritiene importante velocizzare l’iter istruttorio di pagamento delle tante domande presentate dagli agricoltori sui Bandi del PSR regionali. Occorre monitorare costantemente lo stato di attuazione delle politiche di Sviluppo rurale al fine di sostenere le attività delle aziende agricole per evitare che le preziose risorse europee non utilizzate dalle nostre regioni tornino nelle casse di Bruxelles.