L’artista Arisa è stata costretta a dare forfait alle manifestazioni del Gay Pride di Milano e di Roma a causa delle reazioni piccate di alcuni esponenti della comunità LGBTQIA+ e dall’ondata di odio social di cui è stata vittima.
Che cosa è successo
Ma quale è stato il “crimine orrendo” commesso da Arisa? L’aver avuto parole di apprezzamento per Giorgia Meloni. Ah!!! Scandalo e vituperio!! come ha osato?? Tradimento!!!!!
Eh già, perché apprezzare una persona – in questo caso il premier – che rivendica posizioni diverse, portate avanti in modo civile non violento, rispetto alla comunità LGBTQUIA+ è tacciabile di “intellighentia” con nemico: Imperdonabile!!!
La vicenda
Qualche giorno fa Arisa era stata intervistata da Peter Gomez a “La Confessione” sul Canale Nove e, in quell’occasione, con estrema sensibilità aveva avvertito la necessità di ampliare la rappresentanza nei media della comunità Lgbtqia+ puntando cultura e sulla “normalità” delle persone appartenenti alla suddetta comunità.
Le dichiarazioni di Arisa
Avvertiva Arisa che “Dobbiamo smettere di spaventare, dimostrare che siamo “gente wow”, gente che fa un certo percorso che sceglie liberamente, che fa una scelta difficilissima, che sviluppa una sensibilità maggiore, è un grande dono”. Concetto evidentemente gravissimo per gli estremisti, soprattutto se valutato alla luce di quanto la cantante aveva detto poco prima, e cioè “Giorgia Meloni mi piace. Si comporta solo da madre severa e preoccupata. Bisogna che lei faccia delle cose che vadano bene per tutti e quattro i figli, anche se a volte sembra a uno dei quattro che agisca in maniera poco… Però secondo me ci vuole tempo e ci vuole anche, da parte nostra, un cambio di atteggiamento, non sempre in lotta ma in dialogo”.
Quando le battaglie diventano ideologia
Da lì il profluvio di prese di distanza, condanne e insulti perché per qualcuno non si può auspicare un dialogo con Giorgia Meloni o, comunque, con chi la pensa in modo diverso. “Lotta dura senza paura” e basta! Unica strada politica per la rivendicazione militante di una comunità che – è bene precisarlo, non è affatto rappresentata soltanto da queste voci – ha al suo interno chi preferisce lo scontro ideologico al pacato confronto.
L’approccio ideologico al “dirittismo”
L’approccio ideologico e, appunto, militante sul tema dei diritti civili è quanto di più controproducente per i diritti stessi. Già lo insegnava Martin Luther King 60 anni fa, allorché imbastì una lotta non violenta e progressiva per affermare diritti inalienabili che oggi sono divenuti conquiste indiscutibili. Ma, ci vuole tempo, pazienza e dialogo.
In una parola, ci vuole buonsenso (esattamente quello che invoca Arisa), anche perché fortunatamente non siamo di fronte – a differenza degli degli anni ‘60 in USA – ad alcun linciaggio, o ad alcuna emergenza relativa alle persone LGBTQIA+.
Un autogol clamoroso
Il caso è emblematico di come il modo semplicistico di affrontare i problemi, creando fazioni e polarizzando il dibattito in posizioni contrapposte a prescindere, sia la modalità consueta con cui certo estremismo conduce le proprie battaglie politiche. E, invero, la rinunzia di Arisa alla partecipazione alle manifestazioni di Roma e Milano (oltre alle reazioni piccate di Vladimir Luxuria e Rosario Coco e alle offese social indirizzate alla cantante) è una sconfitta prima di tutto per il mondo LGBTQUIA+ che da un lato lamenta discriminazioni e intolleranze e dall’altro si dimostra più intollerante degli intolleranti.