Al semplicistico “Aiutiamoli a casa propria!” si contrappone immediato altrettanto semplicistico e stantio “all’arme (alle armi) son fascisti”.
Dibattito surreale sul tema migrazioni
Questo il leitmotiv della perenne contrapposizione che anima il dibattito pubblico italiano in merito al drammatico fenomeno migratorio che oramai da più di trent’anni coinvolge il nostro Paese.
Ai tempi, trent’anni fa, era un tema che appassionava più o meno 3 o 4 mesi, cioè quando la bonaccia mediterranea agevolava i flussi dal mare.
Adesso – complice il cambiamento climatico? – i barconi arrivano a ciclo continuo, con questo o quel governo e la polemica divampa. Giù botte da orbi! La demagogia ha sostituito il confronto, la bile strabuzza a correnti alternate, gli slogan e le supercazzole abbondano sulla bocca dei politici e, da un po’ di tempo, anche da quella di immancabili e starnazzanti Churchill da divano.
Eppure….
c’era un tempo in cui qualcuno aveva previsto tuto. Già tutto intuiva e lo denunciava profeticamente.
Correva l’anno 1990, e il Parlamento stava discutendo una legge in merito al tema migratorio che, già iniziava ad aleggiare come uno spettro su popolo e istituzioni.
La profezia di Craxi
Bettino Craxi! Il Segretario PSI si cimentò in un’analisi terribilmente attuale, che sostanzialmente invocava un tutt’altro che fascistissimo “aiutiamoli a casa loro!”. E, “aiutiamoli per bene” potremmo parafrasare
Craxi poneva proprio la sua profetica attenzione sul fatto che la migrazione dal sud al nord del mondo sarebbe non solo continuata ma addirittura esplosa, se non si fossero messi in campo interventi importanti e sostanziosi per aiutare le economie dei paesi del Nord-Africa. Paesi già allora ad alto tasso demografico con insufficiente sviluppo industriale ed economico, la cui popolazione vedeva il benessere dell’Occidente tramite stazioni TV che erano in grado di recepire esattamente come un italiano.
L’Italia porta d’Europa, era già Africa, anche se ancora non lo sapeva. Già allora, già prima della globalizzazione.
E Craxi, già allora, ammoniva sui rischi delle “luci della città”!
La profezia di Andreotti
E gli faceva eco l’altro grande politico della Prima Repubblica. Il Divo Giulio (Andreotti) che nel 1991, al meeting di Rimini, parlava di rischio di inarrestabile “marcia dei Tartari” (sarà stato fascista pure lui?) che doveva essere prevenuta attraverso politiche di investimento in quei territori per favorire la crescita di attività artigianali e turistiche valorizzandone la specificità e aiutandoli a creare essi stessi la loro ricchezza. Condizione essenziale per rimanere felicemente in patria, alla faccia del “diritto di emigrare”, che oggi – complice la Chiesa bergogliana – è divenuto un mantra.
La distratta classe politica che li ha seguiti
Quegli appelli furono drammaticamente e colpevolmente sottovalutati, e di lì a poco iniziò il dramma che stiamo vivendo tutt’ora.
Le profezie caddero insieme ai profeti sotto la scure di inchieste più o meno fondate che travolsero non solo i due imputati eccellenti, ma persino il loro ampio lascito politico e culturale che certo non era fatto di slogan o soluzioni tampone. Una damnatio memoriae, i cui effetti li scontiamo ancora oggi, e non solo sul tema migratorio.
Riprendere la lezione dei giganti
Quella lezione andrebbe ripresa, ampliata e sviluppata. Ma rispetto ai primi anni ‘90 le cose sono drasticamente mutate. Le guerre fomentate dall’Occidente hanno spaccato la Libia, la Cina ha penetrato i gangli dell’economia africana, la Russia e la Turchia quelli militari. L’Italia ha perso un ruolo di primazia in quell’area che per tanto tempo era stato fonte di stabilità.
E, oggi, che dovremmo tornare a recitare un ruolo da protagonisti nel bacino del Mediterraneo, manca decisamente il capitale umano e politico.
Potrebbe dire qualcosa in merito l’Unione Europea se non fosse un conventicchio tencocratico-monetario poco incline a valorizzare la propria natura politica e sociale con tanto di cappello ai padri di Ventotene.
Un’Unione Europea muta, cieca e sorda
Quell’Unione Europea che per decenni ha lasciato sola l’Italia nel gestire il flusso migratorio dall’Africa (dal mare e via terra) e che solo oggi pare accorgersi che se “crollano le mura, crolla il castello”. I Tartari (per dirla con Andreotti) hanno già aperto breccia nell’indifferenza totale di nazioni, unite solo per il proprio tornaconto – tanto Viseegraad quanto l’asse franco-tedesco – e senza percepire alcuna appartenenza europea nel proprio DNA. E, come ci insegna Roger Scruton, senza appartenenza non c’è comunità e non c’è Patria (con buona pace di chi invoca un fumoso “patriottismo europeo”).
Ebbene quell’UE che – non risulta, almeno – non ha ancora erogato nemmeno la prima tranche dei promessi fondi alla Tunisia ma che passeggia sulle spiagge di Lampedusa fra un “Oh my God” e un “We won’t let you alone”.
PIano Mattei, Piano per l’Africa
Occorre riavvolgere il nastro – per quanto possibile! Che si chiami Piano Mattei, o “piano Pinco Pallino,” la strada è quella. E fu tracciata nei primissimi anni ‘90 da due leader di una statura politica che oggi ci sogniamo.
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