Scalfaro era il Presidente della Repubblica quando Berlusconi perse il sostegno della Lega di Bossi. Quasi tutti lo ricordano come il presidente che, nonostante il sistema maggioritario avesse dato per la prima volta l’idea agli italiani nel 1994 di decidersi il premier, preferì far nascere il governo tecnico di Lamberto Dini. Legittimando così nuovamente le alchimie parlamentari.
Molti dei i suoi successori si sono comunque ispirati al suo modello, continuando a relegare in secondo piano la volontà degli elettori rispetto alle scelte degli eletti.
Scalfaro il giustizialista
Della vita Oscar Luigi Scalfaro, uno dei presidenti la cui memoria storica è tra quelle più divisive della Repubblica italiana, si ignorano molti dettagli. Partito quale ufficiale in pieno periodo bellico, fu tenuto ben lontano dal fronte. In quanto congedato poiché vincitore di un concorso in magistratura. In questo contesto si trovò nella curiosa ed imbarazzante posizione di svolgere le sue funzioni come magistrato fascista.
Questo poi non gli impedì di processare fascisti dopo la guerra, richiedendo anche, nella sua veste di pubblico ministero, la pena capitale.
Non che non fosse nei geni. La sua famiglia infatti venne nobilitata nell’Ottocento dal Re giacobino, messo a capo del regno sottratto ai Borbone da Napoleone Bonaparte, Gioacchino Murat.
L’avo non ebbe alcuna remora morale pur avendo ottenuto il titolo da parte del nuovo Sovrano di Napoli, di presiedere il tribunale militare che avrebbe mandato a morte proprio quel Murat che l’aveva favorito ed al quale aveva giurato fedeltà. Capostipite migliore non avrebbe potuto trovare la sua schiatta.
Il contrasto Scalfaro – Totò
Ma è poco conosciuto un episodio che lo vide in contrasto con Antonio Griffo Focas De Curtis di Bisanzio, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, in arte Totò. Avvenne una fatto emblematico del bigottismo del personaggio: all’inizio degli anni cinquanta ebbe un alterco con una signora in un noto ristorante.
Edith Toussan, questo il nome della dama, fu oggetto di alcune considerazioni apprezzamenti da parte dell’allora Onorevole Scalfaro. Sembra che la signora avesse scoperte le spalle, e per questo venne definita dal futuro Presidente della Repubblica poco seria ed invitata a vergognarsi. Non ancora appagato dalla sua pubblica esternazione, Scalfaro portò anche in parlamento la sua crociata moralizzatrice.
Risultato: venne sfidato a duello sia dal padre che dal marito della signora.
Di fronte alla scelta che un tempo portava i gentiluomini solo a decidere tra la spada o la pistola, trovò riparo dietro la fede Cattolica. Affermando che non poteva per motivi religiosi accettare di battersi a duello. Ma il principe De Curtis, nonché principe della risata, si indignò. Prese la penna e dalle colonne dell’Avanti, con la seguente interessante invettiva, si scagliò contro il bigotto del tempo.
La lettera di Totò
“Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti. La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei principi cristiani, ammetterà che è speciosa e non fondata: il sentimento Cristiano, prima di essere da Lei invocato, per sottrarsi ad un dovere che è un patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire, a Lei e a Suoi Amici di fare apprezzamenti in un pubblico locale sulla persona di una Signora rispettabilissima.
Abusi del genere comportano l’obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all’attenzione pubblica, per ogni loro atto. Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità per ciò che è avvenuto, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa.”
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