Quando sono i ponti a preoccupare, e non i muri

 

“Costruite ponti e non muri”, un mantra, ma direi più uno slogan termine che meglio si attaglia alle sue finalità di marketing mediatico, che negli ultimi anni ha trovato fortuna presso i cantori della vulgata dominante accoglientista ed illusa.

Una formula inaugurata da Papa Francesco, nella sua foga, spesso iconoclasta, di erigersi a paladino di un immigrazionismo di maniera.

Santità, le sue preoccupazioni di gettare ponti e non erigere muri in Italia sono inopportune ed ingiustificate.

Anzi, oltre che controverse, del tutto inverse.

Le infrastrutture viarie in Italia hanno superato, nella maggior parte dei casi, i 50 anni di età (fonte CNR), vita utile di un’opera realizzata negli anni ’50/’60 con la tecnologia ed il calcestruzzo dell’epoca.

Altre, unitamente a quelle costruzioni pubbliche e private che popolano le nostre città, sono addirittura più risalenti, erette negli anni ’30.

Stazioni, case comunali, ospedali, sono in larga misura di quelle epoche, non si può pensare però che siano ormai assodate ed eterne.

Con un patrimonio infrastrutturale così vetusto, non sorprende come, in mancanza di monitoraggio e manutenzione ordinaria sistematica e programmata, si susseguano eventi gravi o instabilità che potrebbero sfociare in nuovi disastri.

Le mancette

Ed invece, paradossalmente, Santità, Lei invita da anni a scialacquare i pochi danari pubblici in politiche assistenzialiste rivolte a stranieri che approdano sulle nostre sponde in ricerca non di occupazione, ma di sfruttamento del nostro fragile sistema di welfare.

E, altro lato della medesima medaglia, l’anima “gialla” di questo governo, si prodiga di assegnare a chi non lavora una mancetta, neppure così esigua in verità, sostenendolo di fatto nella sua inerzia e privandolo di ogni ambizione, condannandolo alla mediocrità.

Buon senso impone che, ben prima di costruire, ponti o muri che siano, ci si preoccupi di consolidare ciò che già esiste, mettendo mano alle già scarse risorse, non dilapidandole in ciò che non ci si può permettere.

Uno Stato Etico (dizione terribile che evoca, in verità, tirannie nazional-socialiste e sovietiche), quale quello voluto dal Movimento 5 Stelle, dovrebbe essere in primis uno Stato educativo, e non uno Stato-cicala che vive attratto dal nuovo e dimentico di occuparsi di ciò che usa ogni giorno.

E’ invece profondamente diseducativo, e scellerato, preoccuparsi di costruire su fondamenta fragili, dopo aver magari solo imbellettato ciò che rimane irrimediabilmente vecchio e minato.

Santità, La prego di constatare che in Italia non ci possiamo permettere di costruire né muri, né ponti, ma dobbiamo preoccuparci di quello che già esiste ma si sta sbriciolando, specchio reale e metaforico di un azzeramento di fatto dell’Italia “del miracolo” e della ricostruzione, che i nostri nonni e padri ci hanno consegnato, e della quale ci stiamo disinteressando, attratti puerilmente da una modernità variopinta ed inconcludente.

 

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