“Ma, in fondo, che gliene ne importa a uno di fare il superprocuratore, quando sa di dover morire”. Con queste amare e profetiche parole, Giovanni Falcone si confidava con i pochi amici, all’indomani della bocciatura nella commissione del CSM per le nomine dove l’organismo di autogoverno della magistratura gli aveva preferito Agostino Cordova alla carica di Procuratore Nazionale Antimafia.
Attentato di Capaci: un Paese sotto shock
Poco tempo dopo, quel 23 Maggio 1992 alle ore 17.58 sull’auto strada Palermo-Punta Raisi il tritolo della mafia lo uccideva assieme la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.
Il Paese sotto shock si rese conto della grandezza di Falcone solo con la sua morte. Lacrime di coccodrillo che si sparsero dai palazzi alti della politica e della magistratura nostrana che non hanno saputo capire Falcone da vivo e che iniziano a rimpiangerlo appena morto.
Falcone, un uomo solo e scomodo per il Potere
La storia di Falcone è una storia complessa. Ostacolato e tradito da chi lo doveva proteggere, il giudice antimafia assurto alle cronache per i rivoluzionari metodi di indagine contro la mafia e per i numerosi e importanti successi, era in realtà un uomo solo.
Divenuto troppo ingombrante perché libero, del tutto immune ai condizionamenti criminali e politici. Uno a cui interessava combattere la mafia davvero e senza compromessi. E per questo ha pagato con la vita.
Anni difficili ed esaltanti gli anni 80 – come ebbe a dire all’indomani del maxiprocesso a Cosa Nostra dove l’azione seria dei magistrati e dei poliziotti aveva inferto colpi durissimi alla mafia, pagandone un prezzo altissimo. Ma, tuttavia, senza ricorrere a legislazione emergenziale.
Combattere la mafia con le armi della legge si può!
Falcone ha dimostrato al mondo che si può combattere la criminalità organizzata con gli strumenti ordinari del diritto, che certamente debbono seguire l’evoluzione sociale e criminale, ma che non possono pregiudicare i diritti stabili nella Carta Costituzionale.
Un eroe certo, ma anche un grande innovatore sul fronte del diritto. Le sue intuizioni in tema di obbligatorietà dell’azione penale, di separazione delle carriere, di rapporto tra politica e magistratura, sono ancora oggi la base del dibattito pubblico in merito alla politica giudiziaria.
Proprio per questa indipendenza reale, questa carica innovativa e questo alto senso dello Stato, Falcone fu osteggiato, proprio da quella magistratura che voleva stare quieta e silente senza perdere privilegi acquisiti (e tutt’al più sbandierare un’antimafia di facciata) e proprio da quella politica che invece a chiacchiere lo sosteneva mentre nei palazzi istituzionali lo pugnalava ripetutamente.
Le sconfitte di Giovanni Falcone
Dalla bocciatura alla carica di Consigliere Istruttore di Palermo, a quella relativa all’Alto Commissariato per la Lotta alla Mafia, fino alla Superprocura, la storia di Giovanni Falcone si divideva in due parti opposte e coesistenti: da un lato i grandi successi e la stima internazionale e presso buona parte dell’opinione pubblica italiana; dall’altro l’insofferenza dei colleghi e dei politici per questo uomo che sapeva bene cosa fare e come farlo. E sullo sfondo, sempre più minacciosa, la condanna a morte decretata da Cosa Nostra per il “nemico numero 1”.
Quando gli interessi tra chi lo osteggiava e quelli di chi lo voleva morto sono coincisi, la mafia ha colpito a Capaci. Menti raffinatissime che investono non solo i macellai di Cosa Nostra ma soggetti istituzionali ancora oggi rimasti sconosciuti.
Quanto ci manca il Giudice Falcone!
Oggi ci manca tanto Giovanni Falcone. La sua lungimiranza, la sua pacatezza, la sua allergia verso la sovraesposizione mediatica a vantaggio, invece, di un lavoro silenzioso ma costante.
Falcone era un garantista. Attentissimo ai diritti degli indagati, prima di spiccare un mandato di cattura doveva essere sicuro, non lasciava niente al caso. E quando “colpiva” si poteva star certi che non c’era scampo per il mafioso di turno, o per l’amministratore pubblico o per il politico colluso. Il suo metodo dovrebbe essere una eredità di valore inestimabile, e invece, quello cui abbiamo assistito dopo la sua morte è l’esatto contrario del suo messaggio investigativo.
Inchieste condotte col clamore dei media che spesso si risolvono in flop pazzeschi, Giudici in TV a pontificare di perenni stati emergenziali invocando il sacrificio delle garanzie processuali, come se il processo e il diritto di difesa fossero solo intralci a una palingenetica opera di vendetta sociale.
Insomma, tutto il contrario di quel che Falcone diceva e faceva!
Si, oggi ci manca davvero tanto, Giovanni Falcone!