Quel disprezzato confine che oggi manca
Il tanto vituperato confine o muro psicologico ha permesso il formarsi, nel corso dei secoli, se non dei millenni, di veri e propri ecosistemi umani, grazie a vere barriere culturali e psicologiche.
Con lente stratificazioni si sono formate culture, gusti estetici condivisi, morali comuni ed anche il gusto del palato nato dal modo di preparare il cibo
Ogni mente ha un suo Limes con un al di qua ed un al di là, un interno ed un esterno. Tra il conosciuto e ciò che è sconosciuto, estraneo, altro da noi. Tutto questo nasce a causa del vivere in comune e attraverso leggende, racconti, novelle, modi di dire popolari ed anche grazie alla grande poesia, all’arte, alla letteratura, la filosofia, grazie anche alle élite che hanno da sempre funzionato da collante sociale.
All’interno di ogni comunità si forma attraverso la familiarità, la confidenza che altro non è se non un’intesa, un sottinteso sul non detto, una comprensione immediata senza troppe spiegazioni
Questo fatto determina un senso di sicurezza interiore dato che è facile rispecchiarsi nel prossimo, cioè di colui che ci è molto vicino nello spazio e che ci sembra di conoscere anche se in teoria dovrebbe risultare estraneo. Il non detto è il migliore collante perché significa comprensione immediata, comunicazione anche tramite il non detto che può essere l’implicito, ciò che non occorre specificare.
Una comunicazione muta come spesso accade anche con gli innamorati
Sono quelle idee senza parole, che giacciono nel profondo di cui parla Oswald Spengler. Sono archetipi comuni a tutti e che non occorre descrivere per renderli comprensibili perché sono acquisiti da tempo dalla comunità.
L’estraneo può essere certamente ospitato ed incluso, invitato a condividere. La naturale tolleranza può incrinarsi però, se gli ospiti non più invitati, diventano una folla ed alterano, con consuetudini aliene, in quanto estranee, l’andamento delle cose. C’è il rischio che il delicato ecosistema culturale e psicologico, venga alterato definitivamente e l’habitat di quello che denominiamo ecosistema venga distrutto.
Questo habitat infatti è costituito da una fitta rete di comunicazione non sempre basata esclusivamente su interessi pecuniari ma si basa anche da comunicazione basata anche su affetti ed altri sentimenti
Il sociologo Ferdinand Tonnies descrive molto bene questo fenomeno quando sottolinea la differenza fra comunità e società. Gli uomini non sono delle merci che si possono importare ed esportare come oggetti inanimati. Le persone al contrario hanno un’anima, una psicologia, dei retroterra, dei condizionamenti, soffrono di nostalgia, possono soffrire di depressione.
Quando vengono alienati dal loro ambiente, sradicati, diventano più vulnerabili e possono diventare preda di ambienti malavitosi
È un’azione contro natura quella concepita da gente che prendono in esame unicamente l’aspetto dell’ homo oeconomicus che li fa sentire liberi di sradicare individui dal proprio contesto per collocarli in un ambiente, totalmente diverso e a loro completamente estraneo, alimentando un prevedibile risentimento come reazione.
Già Aristotele aveva fatto notare che per vivere soli bisogna essere o un animale o un Dio
Infatti ogni immigrato, invece di inserirsi come auspicato, ricompone quei nuclei che aveva smarrito: clan, piccole comunità di tipo tribale, come fecero gli italiani emigrati in America.
Spesso la moschea diviene il punto di aggregazione come molte chiese cattoliche lo furono per gli italiani d’oltreoceano. Un’amica americana, anche se di origini italiane ed ora perfettamente inserita nella comunità statunitense, mi disse che gli americani di origine italiana ma inseriti, guardano con sospetto quegli immigrati italiani che rimangono troppo legati alla comunità italiana, nel rione italiano e nella rete di interessi italoamericana.
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