Cosa resterà di questa libertà dimezzata e sorvegliata che stiamo subendo ormai da tempo in regime di pandemia? Resterà la Cappa, che ci avvolge e che ci opprime, in cui si condensano le nubi sparse dei nostri giorni fino a formare una coltre compatta: le restrizioni sanitarie, la vita sanificata e ospedalizzata, il controllo digitale totale, la tracciabilità dei nostri spostamenti, fisici e finanziari, la vita dimezzata nelle sue possibilità, viaggi, relazioni; e poi la guerra civile dei sessi, la guerra mondiale contro la natura, la cancel culture applicata alla storia, il politically correct applicato ai rapporti umani e alla società, le censure al linguaggio, il pensiero unico e prigioniero del modello uniforme…
Facendosi cronici e intrecciandosi tra loro, i diversi fattori convergono e commutano le limitazioni sanitarie in forme di sorveglianza permanente, fino a formare una cappa globale che sembra destinata a non dissiparsi. Con la Cappa stiamo passando dalla società aperta alla società coperta, dove si maschera la parola come il volto e tutto è sotto una rete protettiva. Lo argomento nel mio nuovo libro dedicato a La Cappa, in uscita da Marsilio (pp.204, 18 euro), per una critica del presente.
In che mondo viviamo? Sotto la Cappa tutto perde contorno, confine, libertà, consistenza reale, memoria e visione. I sessi sconfinano e mutano, le differenze scolorano e si uniformano, la natura è abolita, la realtà è revocata, i territori perdono le frontiere; la nuova inquisizione censura e corregge, il regime di sorveglianza globale controlla la vita tramite l’emergenza e la priorità assoluta della salute. Ma anche il passato sparisce, col gran reset della storia e i processi intentati al passato col metro del presente; tramonta ogni civiltà, a partire dalla civiltà cristiana per fari posto a un sistema globalitario; spariscono i luoghi, compresi i luoghi di lavoro, in una società delocalizzata, senza territorio.
La schiavitù prosegue a domicilio, con l’home working. Perdendo il mondo, ciascuno ripiega su te stesso, in un selfie permanente; la Cappa favorisce infatti il narcisismo solitario e patologico di massa. Vivi attraverso il tuo cordone ombelicale chiamato smartphone e simili, ti fai icona di te stesso. E intanto deperiscono le proiezioni oltre la propria vita: la storia, la comunità, l’arte, il pensiero e la fede, ogni fede.
La Cappa occulta la bellezza, la grandezza, il simbolo, il mito, il sacro, la realtà. Negandoci altre visuali ci nega altri mondi, altri tempi, altre luci. L’uomo, sostengo nel libro, abita cinque mondi: il presente, il passato, il futuro, il favoloso, l’eterno. Se ne perde qualcuno vive male; se vive in uno solo impazzisce. E noi viviamo totalmente succubi del presente, nel nostro orizzonte infinito presente globale.
Immersi nel presente, abbiamo perduto la facoltà di distaccarcene per vederlo nell’insieme e per capirne la direzione e il destino. Così abbiamo perso il senso del presente e non riusciamo più ad avere una visione generale della realtà. Da qui la sensazione di vivere sotto una cappa; visibilità ridotta, voci spente, suoni ovattati.
Ne avverti il peso anche se non ha fattezze e non ha confini, non si può misurare, è ineffabile e avvolgente, come la cappa che avvolge gli Ipocriti nell’inferno dantesco; cappa dorata all’esterno ma plumbea e pesante sui dannati. Nel XXIII canto dell’inferno così li descrive: “Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi […] Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia; ma dentro tutte piombo, e gravi tanto”.
Ho provato a compiere un excursus ragionato benché venato dalla percezione di una profonda Mutazione, tra le follie odierne e i tabù vigenti, tentando una serrata critica per vivere il presente e non subirlo. Viviamo nel peggiore dei mondi possibili, abbiamo raggiunto il punto più basso nella storia dell’umanità? No, non il più basso, semmai il punto di non ritorno. I fattori demografici, ambientali, tecnologici rischiano di essere irreversibili, come le trasmutazioni antropologiche che stiamo inavvertitamente subendo in un corso accelerato verso il postumano e l’intelligenza artificiale.
Occorrerà ridare l’assalto al cielo, come dicevano i rivoluzionari ma stavolta non con la pretesa di scalarlo, come in una nuova torre di Babele, bensì per sgombrarlo dalla Cappa globale. L’assalto sarebbe dunque di segno opposto, per liberare il cielo e non per occuparlo. Liberare il cielo, l’atmosfera, l’aria può avere anche un’implicazione ecologica, ma non è solo una questione ambientale.
Le rivolte, le rivoluzioni sono velleitarie e impotenti e aprirebbero conflitti perdenti con i poteri. L’unico mezzo a nostra disposizione è la spada del pensiero critico, dell’intelligenza libera e ribelle, che non si accontenta del presente e della sua dominazione assoluta. Non disponiamo di altra arma, di altro potere, che la nostra facoltà di capire: l’intelligenza è la spada affilata che salva o almeno perfora la Cappa asfissiante. La maiuscola Cappa, la minuscola spada…
MV, Panorama (n.5)
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