RAMPINI SMASCHERA LA SINISTRA BUONISTA

RAMPINI SMASCHERA LA SINISTRA BUONISTA

Federico Rampini ormai è una vera e propria spina nel fianco della sinistra odierna.

Da anni nei dibattiti televisivi, nei talk show, con i suoi libri, mette a nudo l’ipocrisia della sinistra americana e italiana, e più in generale dell’area progressista da cui lui stesso orgogliosamente proviene.

Il giornalista, corrispondente dagli Stati Uniti per il Corriere della Sera non è tenero, ma è lucidamente analitico e implacabile richiamando la responsabilità dell’attuale classe dirigente progressista – soprattutto in Italia – nel decadimento della società

E, per farlo ne smaschera le contraddizioni e ne mette in luce le reali intenzioni. Insomma, Rampini è uno che non si lascia abbindolare dalla retorica buonista che nasconde l’intento di procedere all’edificazione di una nuova società attraverso l’ammodernamento del vecchio armamentario ideologico mantenendone tuttavia la metodologia.

Dopo aver contestato la subordinazione totale della sinistra italiana alla dittatura woke, il giornalista sta mettendo in luce tutto ciò che di ambiguo, di sospetto, e a volte persino di marcio, ruota attorno all’immigrazione

Rampini oggi è uno dei pochi che ha il coraggio di smascherare la strategia politica che sta dietro il delicato tema dell’immigrazione, a lungo spacciato come un processo irreversibile e che irreversibile in realtà non è. La politica dell’accoglienza indiscriminata viene usata come leva sociale ed economica per creare instabilità, frammentare la società e autorizzare nel lungo periodo, un dumping salariale bello e buono.

Non è infatti circostanza misteriosa che un aumento massivo di offerta lavorativa rispetto alla domanda, andrà a scapito dell’entità dei salari, come le regole più semplici della microeconomia chiariscono in modo inequivocabile.

Inutile dunque riempirsi la bocca con parole come “eguaglianza”, “salario minimo”, “tutela dei diritti dei lavoratori” ecc

La realtà è ben diversa e viene condotto un gioco cinico sulla pelle degli stranieri e degli italiani più indigenti.

Infatti l’accoglienza senza discrimine non fa altro che aumentare le masse di poveri che non potranno che entrare in conflitto “per lo stesso tozzo di pane”

Un gioco evidentemente che avvantaggia soprattutto il grande capitale, quello che ha i mezzi e gli strumenti per uscire dalle pastoie legislative e contrattuali che in Italia ancora resistono a tutela del lavoro ma che spesso diventano ostacoli insormontabili per piccole e medie imprese che vorrebbero fare le cose in regola.

Insomma, curioso che la sinistra, nata anticapitalista in realtà con le sue politiche buoniste sia il miglior alleato proprio del grande capitale che voleva combattere

Non solo. L’aumentata popolazione residente (più o meno regolarmente) nel nostro paese moltiplica anche la domanda di sussidi e l’utenza dei servizi pubblici, creando anche in questo caso, una competizione al ribasso che va a scapito dei più deboli e bisognosi di qualunque etnia.

Se guardiamo per un attimo le periferie della nostre grandi città si può avere una prova evidente ed empirica di quanto si va dicendo

Ma c’è un aspetto che non va sottovalutato e che non è affatto casuale: la dipendenza dal pubblico porta con sé legami tra cittadini e consorterie politiche ed economiche in cui i primi sono messi in condizione di necessaria sudditanza rispetto ai secondi.

Un mondo magmatico quello che gira attorno all’erogazione dei pubblici servizi, fatto di intrecci tra interessi pubblici e privati, politici ed economici che potrebbe dar luogo a improbabili fedeltà, anche elettorali

Se passasse un altro cavallo di battaglia delle sinistre, cioè lo ius soli (o, comunque, l’estensione semplificata della cittadinanza agli immigrati) le consorterie di cui sopra potrebbero persino allargare la propria base elettorale e sorge spontaneo il sospetto che l’attenzione verso le modifiche della legge sulla cittadinanza non siano proprio motivate da ragioni di giustizia.

Insomma, tutela del grande capitale unito a uno statalismo pervasivo finalizzato alla costituzione di sempre più numerose “clientele” sta strozzando questo paese, nell’indifferenza dei più.

Insomma dall’analisi di Federico Rampini emerge gioco complesso e cinico condotto biecamente sulle spalle di migranti e italiani, che, dietro parole come solidarietà e accoglienza, cela interessi politici ed economici talvolta leciti, talaltra palesemente illeciti, come dimostrano le ultime inchieste campane in merito alla gestione dei migranti

L’altro lato della medaglia, il lato oscuro del buonismo progressista, quello che emerge sol che ci si tolga il velo ideologico, è invece sotto gli occhi di tutti: società sempre più frammentate, divise con comunità o individui palesemente in contrasto l’uno con l’altro e che trova nelle periferie la dimostrazione plastica.

La verità è che moltiplicare il numero dei poveri non fa altro che generare una guerra fra gli stessi, con buona pace del buonismo predicato naturalmente dal divano dei salotti radical chic

Infatti, chi sostiene l’accoglienza indiscriminata, non vive i problemi della plebe (che invece dovrebbe rappresentare). Chi è fautore delle più fantasiose teorie buoniste non vive nelle periferie, non sfrutta i servizi pubblici come i cittadini normali, non manda i figli a scuola nelle scuole pubbliche dove è difficile persino insegnare la lingua italiana a chi non l’ha mai parlata.

Tutto questo, secondo Rampini, rivela la profonda ipocrisia di una sinistra che intende scaricare sulla collettività il costo della propria propaganda

E se qualcuno osa mettere in discussione il modello di accoglienza “open”, scattano subito gli anatemi: fascista, xenofobo, razzista ecc. Il solo fatto di mettere in discussione la narrazione ufficiale, dipinge un bersaglio sulla schiena dei contestatori, anche se questi si muovono sulla base di dati, statistiche studi, o semplicemente buonsenso.

Per questo il coraggio di Federico Rampini spicca di più, perché le critiche provengono proprio da un intellettuale organico a quell’area, che difficilmente può essere accusato di “intellighentia con il nemico”

Ma perché questa narrazione progressista ha così tanto spazio nell’opinnion making? Perché – secondo Rampini – il sistema stesso dei media mainstream è organico per la maggior parte al mondo progressista, tanto che su questi temi, nelle trasmissioni principali, non c’è contraddittorio, non esistono pareri contrari all’accoglienza indiscriminata; insomma non c’è più dibattito pubblico ma solo monologhi o interviste noiose.

Il mantra ufficiale è silenziare il “nemico” e quando non lo si può fare, gettargli addosso il discredito con le peggiori accuse volte a delegittimarne la persona (traditore) senza scendere sul piano della contestazione dell’argomentazione.

Questo modo di porsi della sinistra e di tutto quel mondo sedicente liberale che si è autonominato alfiere dell’antipopulismo, in realtà usa il strumenti del peggior populismo fondato sulla ideologia e sulla propaganda e mai sulla realtà dei fatti

Perciò, ben venga Federico Rampini che con le sue analisi dotte riesce a smascherare l’ipocrisia di un mondo sempre più alla deriva per colpa e responsabilità di chi ritenendosi moralmente superiore, di fatto detiene (si spera ancora per poco) l’egemonia culturale.

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