Referendum: il “Sì” certifica il fallimento del Centrodestra

Referendum

Dopo anni di antipolitica, figlia della stagione di “Mani Pulite”, la vittoria del “Sì” era praticamente certa. Tuttavia, anche in questa occasione, il più becero populismo – questa volta di “destra” – sembrerebbe aver colpito i vertici delle segreterie politiche dei cosiddetti partiti di Centrodestra. Il “populismo di destra”, nato con il “berlusconismo”, ha praticamente corroso le menti dei leaders di quei partiti che, all’interno della coalizione, vengono comunemente denominati “sovranisti”. I dati, infatti, non lasciano spazio ad alcun dubbio. I vertici dei suddetti partiti hanno contribuito fortemente alla vittoria del “Sì” abbandonando al proprio destino militanti, elettori e simpatizzanti. Il popolo italiano esce sconfitto dal risultato del Referendum ed il Centrodestra, a causa di una pessima strategia politica, ne è il primo responsabile.

Cortocircuito destroide

Chi da un lato si dice erede di una certa tradizione sociale, nazionale e popolare non può dichiararsi “patriota” avallando una “riforma” che non mette minimamente in discussione il cosiddetto vincolo esterno, addirittura rischiando di rafforzarlo a discapito della sovranità nazionale e popolare. Chi dall’altro, per anni, ha cianciato di secessione e indipendenza non può farsi portavoce del “taglio delle poltrone” contribuendo all’indebolimento delle autonomie locali. Sui cosiddetti moderati, un tempo forza trainante dell’ormai fatiscente e superato carrozzone di Centrodestra, meglio non soffermarsi.

La cultura è l’arma più forte

Un progetto politico serio, o quanto meno apprezzabile, non può vivere del solo momento elettorale, di slogan e selfie. Questo errore è già stato commesso in passato e purtroppo potrebbe ripresentarsi nel prossimo futuro lasciando di fatto intatto l’attuale status quo. Chi aspira a governare una Nazione come l’Italia non può permettersi di ricascarci un’altra volta solo per il gusto di mandare a casa gli altri e godere di prestigio e gloria personale per cinque anni.  Cambia poco se il seguente ragionamento viene rapportato alle realtà locali. Dunque, per non morire “grillo-piddini”, occorrono idee, contenuti culturali e metapolitici in grado di formare la nuova classe dirigente del futuro. Per cui, per essere Avanguardia e non mera alternativa, l’unica grande battaglia da combattere nel tempo della post-democrazia è quella delle parole.

 

 

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