Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della Rivolta di Reggio Calabria. Poco conosciuta dal grande pubblico, boicottata dalla storiografia ufficiale e bollata dalla stessa – in maniera denigratoria e semplicistica – come “fascista”, la Rivolta di Reggio rappresenta un evento unico nella storia dell’Italia repubblicana. Per cui, senza volerne sminuire la cronologia degli eventi storici – in merito esiste una buona e apprezzabile letteratura – in queste poche righe cercheremo, invece, di trarre tutta una serie spunti che ci consentono di attualizzare il messaggio che fu lanciato, il 14 luglio 1970, nella Città del Sole.
LA RIVOLTA
Innanzitutto, la Rivolta, deve essere inquadrata nel contesto di una cittadina del profondo sud dimenticata da tutto e da tutti, abbandonata al proprio destino e nota alle cronache solo per questioni relative alla criminalità organizzata. Il tutto contornato da uno Stato centrale latitante ed una classe politica locale inadeguata. In tal senso, i problemi sono rimasti tali e quali a cinquant’anni fa.
Recentemente, sul sito di un giornale di caratura nazionale, si è addirittura messa in piedi una ricostruzione davvero raccapricciante secondo la quale, la Rivolta di Reggio Calabria, non fu altro che una sorta di “complotto masso-mafio-fascista” messo in piedi, con la scusa della questione del Capoluogo, per fomentare e prendersi gioco di tutta un’intera popolazione. Ed ecco che sulla base di queste premesse, spesso e volentieri, i Moti di Reggio vengono screditati. Quando il popolo si sveglia e si ribella alle ingiustizie, il potere e i suoi apparati prima lo reprimono e poi lo delegittimano. Funziona così da sempre, in ogni sistema.
LE COMPONENTI
Sul punto ebbene fare una precisazione. Negare che vi fu una spiccata componente fascista all’interno della Rivolta è un errore. Il celebre Capopopolo Ciccio Franco, proveniva dagli ambienti di Avanguardia Nazionale per diventare poi Senatore nelle fila del MSI. Allo stesso modo, però, ridurre tutto ad uno strapotere di stampo fascista rappresenta un abbaglio oltre che una grande inesattezza storiografica.
Ai Fatti di Reggio si unirono, assieme alle più svariate componenti politiche, sociali e sindacali dell’epoca, anche semplici cittadini comuni. Stanchi di essere condannati alla rassegnazione e vogliosi di riprendersi la propria vita e la propria dignità. Insomma, la Rivolta fu la sfida lanciata al sistema da un’intera comunità di popolo. Dunque, più che di complotto organizzato dai fascisti in combutta con massoneria e ‘ndrangheta bisognerebbe parlare di una vera e propria lotta di rivendicazione nazionalpopolare contro la partitocrazia, l’oppressione ed i soprusi dello Stato centrale. Una rabbia che presto si sarebbe potuta anche espandere a tutto lo stivale. Il cuore del messaggio di quella calda estate del luglio 1970 sta proprio qui.
Oggi rispetto ad allora è cambiato poco o nulla. Il sistema dei partiti è sicuramente cambiato, ma non le modalità di foraggiare un certo tipo di politica. Per di più, si sono allargate le maniche dell’oppressione. Il popolo reggino, così come tutto il popolo italiano, non si ritrova più solamente assoggettato ai voleri dello Stato centrale ma anche allo strapotere dei potentati finanziari di Bruxelles e Francoforte, oltre che da decenni di dominio culturale e militare anglo-americano. Pertanto, riscoprire e studiare la storia dei Fatti di Reggio – con cognizione di causa e senza cadere in facili nostalgie di tempi ormai andati – significherà dare seguito alle future battaglie per la giustizia sociale e la riconquista della sovranità popolare.