Sulla cosiddetta quota 100 con cui il governo Lega – 5 Stelle vuole smontare la legge Fornero, l’esecutivo tira dritto e annuncia che dal 2019 si potrà andare in pensione se si avranno 62 anni di età e 38 di contributi con un quadro sostanzialmente chiaro, anche se ad oggi, non sappiamo se le nuove misure pensionistiche arriveranno con un emendamento alla manovra o con un decreto legge. Con gli ultimi ritocchi alla proposta governativa, ai quali stanno lavorando alacremente anche i tecnici del ministero, sta maturando un’ipotesi di quota 100 con una validità per i prossimi tre anni.
In sintesi, se al 31 dicembre 2018 si saranno raggiunti almeno 62 anni di età e si saranno maturati 38 anni di contributi, si potrà andare in pensione dal 1 aprile 2019, utilizzando la prima finestra utile. Se per i lavoratori privati le finestre saranno quindi trimestrali, per il pubblico impiego invece le finestre dovrebbero essere semestrali, anche se si sta pensando di aumentarle a novi mesi, spostando quindi la possibilità ad andare in pensione al 1 settembre 2019.
Questi criteri avranno una durata triennale e saranno validi quindi dal 2019 al 2021 e poi dovrebbero essere superati da un’ulteriore riforma, che prevederebbe la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente all’età anagrafica. Per l’anno prossimo il governo, per voce del sottosegretario Garavaglia, ha anche annunciato che non prorogherà l’Ape Sociale, cioè il sussidio per chi ha almeno 63 anni di età e 30 di contributi in caso di disoccupazione o 63 e 36 in caso di lavori usuranti, contrariamente alle voci circolate nei giorni scorsi e bocciando un emendamento presentato dal PD.
Per la così detta Opzione Donna invece, che prevede l’uscita anticipata per le donne con il ricalcolo della pensione completamente con il sistema contributivo, la partita non sembra essere chiusa. Questa opzione, ancora valida, potrebbe essere riconfermata, ma nulla è ancora deciso e potrebbe essere prorogata direttamente con un emendamento alla manovra in discussione. Stamattina infine, il vice premier Di Maio ha annunciato anche un taglio del 40% alle cosiddette pensioni d’oro, cioè quelle pensioni con un assegno lordo superiore ai 90.000 euro.
Questa norma, se confermata e approvata, farà molto discutere perché aldilà delle considerazioni di carattere politico e sociale, andrà a ledere i diritti acquisiti di chi ha già versato regolarmente dei contributi. Ormai comunque, restano poche ore per avere più certezze sulla nuove riforma delle pensioni, caposaldo del contratto di governo e delle aspettative di molte persone, perché in tarda serata la manovra sarà approvata alla Camera con il voto di fiducia.