(RI)PROGRAMMAZIONE SCOLASTICA ALL’INGLESE
Vi era un tempo in cui la Gran Bretagna era il regno del libero pensiero, un tempo in cui le rivoluzioni venivano fatte con il minimo di spargimento di sangue possibile, un tempo dove associazioni private promuovevano una concezione del mondo che fondata sulla libertà di pensiero e sulla tolleranza.
John Locke nella famigerata (si spera, ma non se ne è sicuri) “Lettera sulla Tolleranza” scrive pagine memorabili che aprono le porte a un movimento intellettuale che costituirà la base dell’emancipazione dell’uomo dal pregiudizio e che comunque porterà freschezza e libertà nel pensiero occidentale
In un modo o nell’altro, tra mille luci e mille ombre, l’Inghilterra è da considerarsi, in una prospettiva storica, un faro di democrazia, di fermento culturale, di avanzamento dei diritti (ho un qualche disagio a utilizzare questo termine visto l’abuso che ne viene odiernamente fatto, ma tant’è!).
Una storia altrettanto complessa e affascinante è quella che porta la Gran Bretagna ad essere il primo paese in cui la Rivoluzione Industriale prende piede, dove si declinano nuove forme di produzione, e in cui si dà avvio all’antenato della globalizzazione economica
Processi, appunto, complessi, con molteplici lati oscuri che dovrebbero essere guardati e studiati con una certa prospettiva storica, analizzandone obiettivamente pregi e difetti.
L’Impero Britannico, insomma, ha portato anche qualche cosa di buono nel mondo e non può essere interpretato riduttivamente solo in chiave colonialista che pur vi fu e fu atroce.
Come tutti i processi storici, la distanza nel tempo dovrebbe condurre a una obiettività che è tipica di un approccio di chi voglia veramente conoscere la verità e non rifugiarsi nei miti e nell’ideologia
Un metodo questo che finora è sempre stato indiscutibile e indiscusso persino scontato, ma che oggi sta cedendo sotto la scure micidiale di una nuova reinterpretazione del passato alla luce di presunti valori i cui latori pretendono di ergersi a censori morali della Storia.
La dittatura totalitaria woke pretende di destrutturare le fondamenta della nostra civiltà occidentale attraverso la messa in discussione della complessità della storia a beneficio di una revisione semplicistica e manichea di ciò che siamo stati come Occidente
Si assiste alla costruzione “in vitro” di un nuovo passato (si perdoni l’ossimoro) in rigoroso accordo con i valori progressisti, nel quale la Gran Bretagna assurge al ruolo di terribile organizzazione criminale dedita alla violenza e al saccheggio, mentre le altre società sono viste nel ruolo di vittime sacrificali innocenti.
Niente di più falso e semplicistico eppure questo è il nuovo mood che qualcuno vuole imporre nel sistema culturale inglese a partire dall’istruzione scolastica
Il Governo Laburista sta infatti apportando modifiche strutturali ai curricula scolastici che prevedono nuovi programmi che, con la scusa dell’inclusività, dell’antirazzismo e dell’anticolonialismo, si adeguino alla visione distorta della storia del Paese secondo i cliché che abbiamo poco sopra sinteticamente descritto.
I programmi devono essere svecchiati – secondo costoro – e pezzi interi delle dinamiche fondative del Royal Empire possono, anzi debbono, essere saltati a piè pari perché non sufficientemente inclusivi.
La storia deve essere purificata, nettata da quegli elementi che non si adattano ai nuovi valori del “volemose bene” in salsa british
Per quale motivo studiare pezzi di storia antica che non comprendono l’apporto dei nuovi soggetti presuntivamente deboli da tutelare nel tempo e nello spazio?
Occorre sezionare, disarticolare e successivamente rimontare il passato sulla base di un progetto ideologico ben preciso, che serve a rafforzare i bias cognitivi che stanno alla base della dottrina woke.
A ben vedere, siamo oltre la cancel culture
La “culture” non va solo cancellata, ne va fatto oggetto di una sorta di montaggio cinematografico, un “taglia e cuci” che decontestualizzi i fatti e li ponga in una prospettiva funzionale ai messaggi da veicolare. E tali messaggi, sono sempre i medesimi: l’Occidente bianco nel ruolo del mostro, e il resto del mondo nel ruolo dello sfruttato. Siamo di fronte a una forma di marxismo 2.0 che non è solo descrittivo della realtà ma che al contrario ne costruisce una ex novo falsando la verità a beneficio dell’imposizione ideologica.
Ed Ecco che dopo il tentativo di “decolonizzare” la filosofia che voleva l’introduzione in un’Università londinese, dello studio di filosofi non inglesi e non europei a scapito di Socrate, Platone e Aristotele, tocca alla storia essere ridotta a un bignami di agile e soprattutto orientata lettura
Poco male se lo studente del futuro non verrà messo in condizione di analizzare criticamente le nozioni che riceverà.
Poco male se non potrà misurarsi con la complessità di fenomeni storici e politici che servono in ultima analisi a costruirsi un pensiero critico e veramente indipendente.
Che importa se nel futuro – viste le premesse – sarà sempre più difficile immaginare un dibattito tra storici che offrono diverse ricostruzioni degli eventi?
L’impoverimento culturale è il vero obiettivo perché l’erosione del pensiero critico è funzionale alla stereotipizzazione della massa.
Quindi – secondo costoro – prima avviene meglio è!
E quale è il canone principale cui ricorrere per privare un popolo del proprio orgoglio nazionale?
Prevalentemente il senso di colpa! Il senso di colpa è un meccanismo psicologico spietato perché si rivolge al passato (quindi a qualcosa cui non si può più porre rimedio), allignando come una malattia morale nella mente collettiva indipendentemente dalla sua validità o meno.
Chi si sente (o viene fatto sentire) colpevole sente il bisogno naturale di riparare ancorché in via postuma presunti torti di cui si è macchiato.
E se non vi sono stati torti, se ne può benissimo inventare uno o più d’uno
Questa trappola culturale che colpevolizza i figli per le colpe dei padri e persino dei nonni intrappola le persone in una prigione dalla quale non è possibile sfuggire, indebolisce il pensiero e quindi l’azione. Rende le masse sensibili a un progetto di ristrutturazione dell’individualità personale e collettiva in funzione della costruzione di un futuro – tutto nuvole e arcobaleni – completamente sganciato dalle proprie radici.
Chi dissente e si oppone a questa opera di manipolazione collettiva viene sputtanato urbi et orbi, vedendo la propria vita e la propria reputazione completamente compromessa. Sovente senza colpa alcuna
Ma vale il vecchio principio terrorista del “colpirne uno per educarne cento”.
Il povero James Tooley ex vicedirettore dell’Università di Buckingham aveva avuto la brillante e autolesionista idea di offrire una cattedra a Ayaan Hirsi Ali nota scrittrice assai critica nei confronti della cultura islamica.
Ma nel Nuovo Ordine Demenziale attaccare l’Islam non è possibile, è un atto di razzismo a prescindere anche quando la scrittrici è somale
E infatti, la NKVD woke è partita all’attacco scandagliando il passato de la vita privata del vicedirettore fino a che si è imbattuta in una notizia succulenta.
Una relazione con una ex studentessa. Niente di male e niente di sbagliato: a quei tempi Tooley non era sposato, non aveva elargito favori in cambio di prestazioni sessuali dato che la pulzella aveva abbondantemente finito gli studi; insomma la pietra dello scandalo era una pura e semplice storia d’amore eterosessuale, che tuttavia è costata il posto al Professore (solo da poco par che sia stata revocata la sospensione) sulla base di accuse immaginarie
Non stupisce nemmeno che la consueta merce di ricatto sia il sesso. In questa deriva puritana wokista il sesso (soprattutto se eterosessuale) è sempre sospettato di essere espressione della superiorità del maschio nei confronti della donna, traslazione fisica dell’approfittamento globale del più forte nei confronti del più debole e quindi materia prediletta con cui colpire gli eretici.
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