Rispettosamente critico l’eccentrico Sgarbi

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Rispettosamente critico l’eccentrico Sgarbi

Sono un estimatore dell’intelligenza critica di Vittorio Sgarbi nel campo artistico e a causa di questa non mi lascio turbare da alcune sue nevrosi. Però, proprio perché ammiro la sua intelligenza intuitiva, non gli posso scusare discorsi volutamente poco intelligenti fatti solo per sdoganare una mostra che sta curando. Infatti il critico d’arte ha curato ultimamente una mostra sull’arte dei primi decenni del Novecento detta impropriamente fascista. Sgarbi per farla accettare dice che dove c’è arte non c’è fascismo e dove c’è fascismo non c’è arte. Con tale frase Sgarbi vuole scindere il movimento politico, ideologico, culturale, spirituale, epocale, fascista, dalla sua espressione artistica. Se fosse valido tale ragionamento, si potrebbe scindere con la stessa logica la Cristianità dall’espressione artistica delle pale d’altare e delle cattedrali. Si potrebbe scindere lo stile Impero dal cesarismo napoleonico. Si potrebbe scindere il mecenatismo mediceo dal Rinascimento. Si potrebbe scindere il buongusto ottocentesco dallo spirito della borghesia trionfante. Anche il realismo socialista nulla avrebbe a che vedere con il sovietismo stalinista. Qui Sgarbi è sdrucciolato sulla classica buccia di banana su cui ha messo il piede per fare il piacione e fare accettare la sua interessante mostra ad un mondo di conformisti incapaci di giudizio estetico autonomo.

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