Lo avevo scritto qualche giorno fa (Ristoranti. Fa più vittime lo Stato del Covid), e la cosa è puntualmente avvenuta. La ristorazione di quelle regioni che sono diventate arancioni ha preso un pugno in faccia da chi – in teoria – dovrebbe tutelarla. Lo Stato.
Come dicevo: questi poveri, massacrati ristoratori (e con loro tutto l’indotto come fornitori alimentari, lavanderie, case vinicole ecc.) avevano visto uno sprazzo di luce con l’apertura a pranzo. Tutti aspettavano oggi, San Valentino, per fare un po’ di incasso. Non per guadagnare, no! Per carità non esageriamo. Solo per limitare appena le perdite e fare un po’ di cassa per pagare le tasse, come mi ha detto Salvatore Toscano, chef dell’Osteria Mangiando Mangiando di Firenze. Che lo Stato non fa sconti da questo punto di vista.
E invece nisba! Si chiude domenica. Lunedì sarebbe stato troppo logico e magnanimo!
Alcuni sostengono che questa mossa bieca e assassina sia stata studiata appositamente perché col pienone di San Valentino ci sarebbe potuto essere un incremento dei contagi. Yeah, whatever! A parte che non ritengo così astuti quelli che ci schiavizzano, bastava fare una piccola, semplice, utile cosa.
Mancanza di comunicazione
Che Toscana e altre regioni stavano per diventare arancioni, lo sapevamo noi – popolo ignorante e bruto – da lunedì. Vuoi che CTS, Ministero della Salute, Arcuri, e tutti gli altri malati di protagonismo televisivo non ne fossero già al corrente? Non ci prendiamo per il sellino, per favore.
E allora le regioni che diverranno arancioni da domenica le dichiari il lunedì prima! Almeno uno si organizza. Forse, dato che molti di lorsignori politici non hanno mai lavorato in un’impresa in vita loro, non hanno idea che un ristorante va gestito. Va organizzato con piccole quisquilie come fare la spesa.
Invece no! Devi morire e pure patendo, maledetto ristoratore. E io ti faccio prendere le prenotazioni, aspetto che tu faccia la spesa e poi venerdì sera ti sparo alle gambe. Nemmeno negli anni di piombo.
Fortunatamente i nostri amici che hanno la missione di avere i ristoranti, dopo aver preso pugni e sputi in faccia dal Governo, hanno imparato che non puoi fare affidamento sulle istituzioni. E magari, consci di stare mettendo la testa nella bocca del leone, si sono attrezzati. Spero per loro.
La misura è colma, la pazienza quasi finita
DISPERAZIONE: Io, per mia passione, ho molti amici che praticano questo mestiere meraviglioso. L’altro giorno mi arriva questo messaggio: Ciao Nicco, è incredibile: siamo davvero alla frutta. Se non è perché avevo una storia (e fortunatamente posso andare avanti) mi ero già sparato.
Ovviamente questo ragazzo resta rigorosamente anonimo.
RASSEGNAZIONE: Paolo Bacciotti, cuoco del Ristorante “Tullio 1958”. Traspare soltanto amarezza e rassegnazione nel suo post su FaceBook. E speranza di riuscire a riaprire: eccoci… ci risiamo… da domani di nuovo chiusi… che dire?… booo… solo per informare i nostri fantastici clienti, che ci sono stati vicini in queso anno così drammatico… cercheremo di resistere anche questa volta… un grazie di cuore. Tullio a Montebeni dal 1958…
RABBIA: Trattoria Sergio Gozzi, aperta in piazza San Lorenzo a Firenze dal lontano 1915, sempre nel solito posto. Qui viene fuori la rabbia fiorentina di chi non ne può veramente più. Lo storico portone in legno è sprangato.
Un cartello scritto a mano è la sintesi del pensiero di molti.
“Un paese che mi pare di problemi ne abbia tanti…
Ma qui la colpa l’è solo dei ristoranti…
Tra rossi, gialli e arancioni…
Ci siamo belle rotti i coglioni!!!”
Anche in rima baciata: Dante sarebbe fiero.
Di esempi ne potrei citare tanti, troppi. Di risposte invece poche. E quelle poche sono confusionarie, destabilizzanti, avvilenti. E rigorosamente fuori tempo massimo.
Per scomodare nuovamente il Sommo Poeta:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
(Purgatorio, canto VI, vv. 76-78)
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