Roma – Nemmeno Rossellini avrebbe mai potuto immaginare una Roma del genere. Vuota dei suoi abitanti, dei milioni di turisti in arrivo da ogni angolo del globo. Ma piena della sua bellezza e del suo fascino millenario.
Le piazze, come luogo di culto politico o religioso, le sue vie strette e sinuose da Trastevere al Centro Storico, l’arena della pratica gladiatoria, persino l’antico circo delle corse dei cavalli, dove avvenne il ratto della Sabine, oggi sembrano la fotografia di una città aperta nello spazio e nel tempo, ma rinchiusa nella paura.
Coloro che per i noti motivi riportati nelle tre differenti, ma sempre uguali, autocertificazioni, hanno potuto circolare liberamente si sono confrontati con una realtà nuova per chi vive la città.
Roma capitale dormiente
Magari hanno anche apprezzato la calma placida di una capitale dormiente, lontana anni luce dagli schiamazzi del traffico, dalle imprecazioni della gente, dagli idiomi più disparati che si sentivano giornalmente. Il solitario vagare nel silenzio, è diventata una scoperta insolita e piacevole, distante nel tempo dal caos, dal traffico congestionato, dalle code sul Grande Raccordo Anulare, i parcheggi che non si trovano mai, le odiate strisce blu, gli autobus in ritardo (oppure in fiamme).
Probabilmente i residenti della Trastevere by night pre-Coronavirus, o di Campo dei Fiori, e del Rione Monti, si saranno goduti il vuoto assordante, rispetto alle innumerevoli notti insonni trascorse. Eppure, proprio ora che siamo per entrare nella famosa Fase 2, in un momento di piena primavera (forse la stagione più godibile a Roma), questa sarebbe stata la fase più apprezzata anche dall’altra parte della città.
Quella che avrebbe riempito la storica S.Callisto, con il suo famigerato bar, polo attrattivo della movida notturna, la chiassosa S.Maria in Trastevere; che era lieta di accogliere le vocianti file turisti di giovani e meno giovani che stipavano ogni sanpietrino del Rione. Persino le code sul Lungotevere in cerca di un posto, di un anfratto, le ricordiamo con rimpianto; lo stesso sentimento che si prova nel vedere le saracinesche chiuse in ogni dove.
E chissà semmai riapriranno
Ecco, quello sarà probabilmente l’interrogativo più impellente. Quando, e se, riaprirà il bar del quartiere? Oppure il ristorante amico che ci faceva sempre lo sconto? E che fine farà il nostro barbiere/parrucchiere di fiducia che ci ha visto nascere?
La palestra o la parrocchia, il semplice campetto di periferia che ci ha visto protagonisti di sfide memorabili.
I Romani si sarebbero almeno aspettati, che a beneficiarne sarebbe stato l’inquinamento dell’aria. L’assenza di smog, dovuta alla quasi totale assenza di circolazione delle auto, avrà portato benefici almeno.
Neanche per sbaglio.
Il rapporto della compagnia specializzata IQAIR, che ha messo a confronto i livelli di dieci città confrontandoli con quelli dell’anno passato ha evidenziato come, per nove città ci sia stato una diminuzione delle pm 2,5. L’unica in cui non solo non è diminuita, ma è aumentata del 30%, è stata Roma.
Questo perché è cresciuto enormemente il consumo del riscaldamento delle centrali termiche, nel momento in cui “restiamotuttiacasa”, è divenuta la nuova religione.
In verità, anche in assenza del lockdown, con tutte le auto in circolazione, l’elemento decisivo è sempre stato legato alle caldaie. Anche quando si facevano le giornate ecologiche in nome della lotta all’inquinamento, lo stop alle auto era pressoché inutile. Forse anche lì c’era una task force di “superuomini”, con idee alquanto confuse. Magari ecologisti dell’ultima ora.
Ma poco importa in fondo; Roma è anche questa, con le sue disfunzioni strutturali ed amministrative. Le sue contraddizioni cittadine, la sua ironia, la sua indifferenza, la sua enorme solidarietà.
Perché anche quella, soprattutto quella, è Roma.
Ma principalmente i suoi abitanti. Sant’Agostino nella sua “Città di Dio” lo espresse testualmente: “Roma enim quid est, nisi Romani?”. Roma non perirà se non verranno meno i Romani: Roma non perit si Romani non pereant.
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