Roma e le classi sociali
Nell’antica Roma esistevano cinque classi sociali ed erano suddivise per censo, ciò significa che col censimento veniva catalogata la popolazione anche in base al reddito.
La classe i cui componenti erano più facoltosi era catalogata come la prima delle cinque classi
Non veniva denominata prima classe ma veniva chiamata solo la classe quasi per eccellenza. Invece la numerazione delle classi iniziava solo dalla seconda. Di conseguenza tutto ciò che era definito classico si riferiva unicamente a questa classe sociale.
Vilfredo Pareto per fare meglio comprendere, parlerà di èlite che da sempre organizzano e danno forma ad ogni tipo di società
Queste élite, secondo Pareto, non sarebbero altro che un gruppo di cittadini, una forte minoranza più colta e più abile nel raggiungere gli obiettivi prefissati all’interno del gruppo sociale. Quale tipo di cultura avessero espresso i cosiddetti classici lo sappiamo.
Facevano propri molti principi della raffinata cultura greca. Era un gusto che aveva contagiato anche gli Etruschi, i Cartaginesi, gli Sciti di Crimea e, con i Tolomei, anche gli Egizi
Questo gusto esprime un principio di ordine, armonia anche formale. Un equilibrio che si palesa in ogni manifestazione artistica, nella poesia e nel rigore logico del pensiero e che trovava corrispondenza anche nella lingua latina. Questo per dire che, se il tipo di gerarchia per censo appare ai nostri occhi discutibile, dobbiamo ammettere, senza sé e senza ma, che quella élite che rappresentava il mondo classico, storicamente era quella che in modo migliore ha espresso la civiltà di un Occidente ancora in nuce e tutto da definire.
Col passaggio dalla repubblica all’impero non abbiamo un mutamento radicale di elite ma un adeguamento ed un allargamento della base del consenso, dato che l’originaria classe senatoriale stava rischiando di trasformarsi il una classe parassitaria chiusa in sé stessa, formata da dei latifondisti estranei al corpo sociale i quali furono la causa prima, per via della politica dei prezzi, del fallimento di molti agricoltori del centro Italia che furono trasformati in plebe urbana parassitaria
Le guerre sociali avevano convinto una nuova élite con a capo Ottaviano Augusto e i Populares, come precedentemente Cesare, che occorreva un adeguamento radicale. In seguito con l’avvento del Cristianesimo abbiamo un vero trauma che si somma a quello già devastante del crollo dell’impero d’Occidente e alla fine della cultura classica come modello estetico e culturale.
Se all’inizio i cristiani fecero opera distruttiva quasi simile a quella delle orde barbariche, nei confronti di questa ecumene spirituale, in seguito il loro atteggiamento muto’ radicalmente e da distruttivo di trasformò in costruttivo
Gli stessi cristiani rividero le posizioni iniziali e fecero opera di conservazione radunando tutti i manoscritti dei classici sopravvissuti e pensarono di copiarli, per studiarli. diventarono, inoltre, loro stessi i custodi della lingua latina e dell’universalismo romano. Cercarono inoltre un nuovo modello estetico per rappresentare i Vangeli visivamente. S
i creò lentamente un nuovo modello artistico anche con l’aiuto della cultura bizantina.
Sant’Agostino addirittura lego’ il pensiero di Plotino e di Platone al Cristianesimo
Si era formata una nuova élite nei monasteri, nella cavalleria e nella nuova aristocrazia. In seguito le chiese romaniche cercarono di recuperare il gusto classico per una forma di misticismo intimistico. Anche la nuova Italia comunale partorì una sua élite in. Ma chi erano gli abitanti del borgo che vivevano sul limitare del castello, fuori le mura della resistenza del nobile feudatario?
Erano gli artigiani, i commercianti, coloro che possedevano l’arte intesa a quei tempi come mestiere
Nell’antica Roma la plebe originaria, non
era costituita da sfaccendati. I plebei erano gli agricoltori, i commercianti, gli artigiani, coloro che avevano una cultura diffusa e creativa. Infatti per i latini cultura e coltura erano sinonimi. Erano coloro che si sarebbero organizzati in corporazioni per proteggere loro sapere. Questi “borghesi’, col tempo fondarono i liberi comuni per dipendere sempre meno dal monarca e riscoprire la figura del cives romano, del cittadino. Lo spirito civico col tempo fece nascere una nuova aristocrazia anche di grandi banchieri e possidenti terrieri, di mecenati, di umanisti che dettero origine alla Signoria. Si era creata la nuova aristocrazia, una autentica nuova élite. Con la reinterpretazione del classicismo in Italia vediamo nascere il fenomeno del Rinascimento.
Esso non consisteva unicamente nel rilancio delle belle arti ma era una nuova cultura e una nuova spiritualità che consisteva nella ricerca della philosophia perennis, una tradizione spirituale universale che avrebbe legato il Cristianesimo ad ogni altro forma spirituale anche la più lontana nello spazio e la più remota nel tempo.
Non fu di conseguenza solo un rinnovamento estetico. Ogni modello culturale ha sempre espresso le sue élite, anche la borghesia moderna fiorita nel sette-ottocentesca, possedeva un suo rigore morale, un suo gusto estetico che era di scuola neoclassica o meglio neo palladiana.
Aveva un estremo senso del decoro che si esprimeva nella forma, in ogni manifestazione fino al perfezionismo della calligrafia, forma che doveva possedere quello che veniva denominato il garb
. Era una élite che riponeva le sue speranze e credeva fermamente nel progresso, nelle idealità nazionali, nel mercato, nella civiltà europea, nella scienza, in Dio, nella provvidenza, nonostante le contraddizioni che si presentavano strada facendo. Era quella stessa borghesia che Thomas Mann descrive abilmente nel suo romanzo che è una saga familiare dei Buddenbrook che lo scrittore prende come esempio per illustrare l’inizio di una inesorabile decadenza riguardante una élite che ha indubbiamente fatto la storia.
Mann descrive tale lenta erosione attraverso le generazioni, come fosse una sindrome, una malattia che da spirituale, nel libro viene trasformata anche in fisica per meglio evidenziare la trasformazione
Lo scrittore tedesco fu profetico e difatti la borghesia nel corso del Novecento finì per cedere il passo ad un anonimo ceto medio che non aveva certamente le qualità per essere, non tanto la nuova aristocrazia, ma neanche una semplice nuova élite. Questo ceto medio era senza storia, senza una cultura propria che fosse originale, ed era del tutto privo di principi ed anche di un senso estetico. Era del tutto disinteressata ad ogni manifestazione culturale.
Dalla borghesia aveva ereditato solo un certo affarismo ma non lo stile
Oggi questa nuova classe sociale si è impossessata della finanza e crede che producendo denaro si crei ricchezza. Ignorano che Aristotele già scrisse che la ricchezza risiede nel bene e che la moneta è solo il simbolo della ricchezza e che con i simboli l’uomo non può vivere. L’estetica di questo rampante ceto medio è rappresentato da manifestazioni analoghe a ciò che è diventata la biennale di Venezia. Il mercato dell’arte si è trasformato in una specie di borsa valori con quadri che si trasformano in beni rifugio.
La grande cultura sembra essersi eclissata definitivamente perché nessuno sembra avere più qualcosa da dire o da rappresentare
Le città sono allevamenti intensivi privi del decoro borghese. Indubbiamente gli attuali padroni del vapore non costituiscono alcuna élite come Pareto spiegava, erano sempre presenti in ogni civiltà e consorzio umano da sempre. È mancato un rinnovamento delle élite.
Leggi anche: I Beati comunisti e San Berlinguer, tra sacrilegio e falsificazione della storia
www.facebook.com/adhocnewsitalia
SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT