Roma: i partiti non pagano l’affitto, ma la Raggi attacca solo CasaPound
In un articolo del quotidiano La Stampa, un giornale in perfetta antitesi col sovranismo, abbiamo scoperto le cifre di una nota cattiva abitudine dei partiti: quella di non pagare l’affitto in immobili di proprietà pubblica. In queste ore si sta parlando molto del palazzo occupato a Roma da CasaPound Italia, dove all’interno vivono 18 famiglie in emergenza abitativa, poco o nulla si parla però di questa vera e propria vergogna. Virginia Raggi, in cerca di appoggi a sinistra per ricandidarsi a sindaco di Roma, ha ripreso l’attacco contro l’immobile di via Napoleone III, tacendo in modo imbarazzante sul resto.
La grillina non sembra essere molto coerente. Intransigente e ridondante contro CasaPound, silente e permissiva con tutti gli altri. Il Vice Presidente di Cpi Simone Di Stefano ha voluto sottolineare che gli attacchi ricevuti dal sindaco di Roma sono meramente politici e ideologici. A guardar bene, pare proprio che sia così.
6,8 MILIONI EURO DI AFFITTI NON PAGATI
Nella Capitale, infatti, c’è uno scandalo che sembra non dover finire mai. Gli immobili pubblici, in questo caso le case popolari della Regione Lazio, in sigla Ater-Roma, restano il regno della morosità. Quando a dover pagare i canoni sono partiti politici, sindacati, associazioni culturali o sportive, il mancato pagamento è assicurato. Pur con qualche piccolo segno di miglioramento, secondo gli ultimi dati, aggiornati al 30 novembre scorso, dalle casse l’Ater mancano 6,8 milioni di euro.
A giudicare dalle carte, insomma, il direttore generale dell’Ater, Francesco Mazzetto, fa sapere che c’è un particolare che lascia interdetti: gli elenchi degli affittuari di natura politica sindacale o associativa, che l’Ater per la prima volta è costretto a rendere pubblici, hanno una sorta di omissis: quando vi è in corso una procedura di «regolarizzazione», gli importi della morosità vengono oscurati.
PD E CGIL IN TESTA
Ecco, siccome il Pd o la Cgil, pizzicati con morosità abnormi, hanno avviato il percorso di «regolarizzazione», nulla più si sa delle loro situazioni contabili. Ci si può riferire quindi solo all’ultima lettera di Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma, ai segretari di circolo del partito: «Il debito imputato alle nostre strutture territoriali – scriveva il 25 gennaio – è superiore ai 600 mila euro. Una situazione gravissima e ingiustificabile, frutto della gestione in anni passati». Si noti che il debito del Pd nei confronti dell’Ater-Roma era di 646mila euro già nel marzo del 2015.
Clamoroso è il caso della sede del partito di via dei Giubbonari, che ha accompagnato e declinato la storia della sinistra romana. Prima il Pci, poi Pds, poi Ds, infine Pd. Nel frattempo il debito era esploso a 130mila euro. Finché le chiavi sono state restituite.
Non c’è soltanto il centrosinistra, però, nell’elenco di chi non paga. Ci sono sedi di partiti morti e defunti, quale il circolo Psi a Garbatella (morosità di 50 mila euro), la sede Psdi dell’Alberone (54mila), il circolo Pri di Prati, in via Turba (25mila). Sono in tutta evidenza crediti incagliati, che sarà impossibile esigere.
E naturalmente c’è l’intero spettro costituzionale: l’Udc di via Anagni (142 mila euro), An di Corviale, ora passata a Fdi (161mila euro), Sel di via Silvano (142mila euro). Sotto mentite spoglie c’è anche Forza Italia, che usufruisce dei locali affittati all’associazione culturale «Mai dire no», di cui sappiamo grazie alle inchieste sulla nuova Affittopoli capitolina del «Tempo» che due anni fa aveva un arretrato di 143 mila euro e che attualmente è in fase di «regolarizzazione».
Nonostante, come si sa, i partiti abbiano una formidabile leva per fare cassa: i soldi che arrivano dallo Stato attraverso i rimborsi elettorali o i lauti assegni per gli eletti.
Quando ad essere morosa è una associazione qualsiasi, che per statuto non ha patrimonio né scopo di luco, con chi rivalersi? L’Ater può mettersi l’animo in pace di fronte ai 217 mila euro di debito che ha accumulato il Circolo ricreativo Corinaldo di via Corinaldo 120, oppure i 184 mila del Club Peperino di via del Peperino 39, o ancora i 175 mila del circolo Enal di piazza Donna Olimpia 5. Già più difficile accettare che la Guardia nazionale ambientale Onlus, un’associazione di guardie zoofile volontarie che vanta di essere inserita dal 2011 negli albi della Protezione civile e dal 2016 è riconosciuta dal ministero dell’Ambiente, possa avere accumulato un debito di 173 mila euro per affitti non pagati nella sua sede centrale di via Scarpanto 64 dove occupa un locale di 228 metri quadri.
Sono oltre cento le associazioni che a Roma risultano morose nei confronti dell’Ater. E la cifra è iperbolica: 3 milioni, 995 mila euro di affitti non incassati. CasaPound non è tra queste. Nella città di Roma, oltre al palazzo al centro delle polemiche, il movimento ha numerose sedi e spazi aperti al pubblico, tutti con regolare contratto di affitto.
Oltretutto la maggior parte dei locali di cui abbiamo parlato, restano chiusi il 99 per cento del tempo senza generare nessun reale servizio alla cittadinanza. Cosa ben diversa dall’occupazione di CasaPound, dove, come spiegato da Simone Di Stefano, si svolgono molteplici attività.
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