“Il governo va avanti a prescindere da cosa si deciderà pro o contro Salvini“, ha rassicurato il diretto interessato. In fondo anche il peggior nemico di Salvini dovrebbe riconoscerli che non sarebbe stato nel suo stile barattare la tenuta del governo con un voto contrario al suo processo. Probabilmente l’idea di una cosa del genere, gli dà la sensazione del marciume della partitocrazia che da sempre si è impegnato a combattere. Lui quello non l’avrebbe chiesto, ma tale richiesta sarebbe stata insostenibile anche per il Movimento Cinque Stelle. La Severa morale che anima il consenso dei due leader Salvini e Di Maio non permette deroghe in tale senso.
Qui non si tratta della stabilità del governo. Il nocciolo della questione è stabilito nel quesito sottoposto agli iscritti della piattaforma pentastellata: “Il ritardo dello sbarco della nave, per redistribuire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?“. Con il ‘Sì‘, si nega l’autorizzazione a procedere; con il ‘No‘, quindi, si concede”. Ossia il Ministro degli Interni Matteo Salvini agendo come ha agito ha ritenuto di farlo nell’interesse dello Stato?
Ci si pone spontaneamente una domanda: se Salvini non avesse pensato di agire nell’interesse dello Stato, all’interesse di chi avrebbe dovuto improntare la propria azione? Nel proprio? E quale vantaggio ne avrebbe ottenuto? Anzi viste le fortissime pressioni ricevute se avesse voluto fare il proprio interesse avrebbe potuto essere meno netto nella propria linea. Si sarebbe probabilmente assicurato il plauso di molti media, la Commissione Europea sarebbe arrivata ad ammorbidirsi nei suoi confronti. Probabilmente lo avrebbero giudicato un interlocutore responsabile. Nell’interesse di terzi. Si ritorna a chiedere chi siano questi terzi. Difficilmente credo si possa ipotizzare aziende private, o cooperative o Ong; che anzi avrebbero avuto un interesse palese se lui avesse deciso il contrario. I terzi potrebbero essere gli italiani. Potrebbe essere lo Stato Italiano?
Non è palese che questo ministro abbia agito, piaccia o non piaccia il suo operato, pensando di fare l’interesse dello Stato.
In un bellissimo articolo di alcuni giorni fa, la costituzionalista Ginevra Cerrina Feroni ha palesato l’insindacabilità dell’atto politico del ministro Salvini poiché si tratterebbe di un atto protetto da una specifica Legge costituzionale. Basta considerare questo per capire che si tratta di un atto politico, poichè è oggettiva l’impossibilità di vederci altro altrimenti, di volta in volta, si lascerebbe decidere alla Magistratura quali atti può compiere o meno un ministro nonchè si affiderebbe, di volta in volta, ad un qualsiasi magistrato la possibilità costante di inibire l’azione del governo. Di qualsiasi governo.
Ma ancor più l’elettorato pentastellato oggi ha l’occasione di confrontarsi realmente non con il proprio codice etico ma con quei poteri forti che da sempre vogliono impedire agli elettori il diritto di determinare il proprio destino. Il Movimento Cinque Stelle si è sempre battuto per la democrazia diretta ed il coinvolgimento dei cittadini. Che coinvolgimento potrebbe esserci se un giudice potesse costantemente interferire con l’azione di governo, non per reati ma per impedirgli di prendere scelte politiche? Oggi gli iscritti della piattaforma pentastellata si trovano a decidere se sia consentito per un politico fare quello che in campagna elettorale ha promesso, senza che vi possa essere intromissione da parte di altri organismi dello Stato non chiamati a svolgere l’azione di governo.
Qui non c’entra nulla l’indipendenza della magistratura, che non è in discussione. Qui si discute l’indipendenza della politica. Si sono giustamente indignati molti elettori Cinque Stelle quando un presidente eletto da un parlamento negava al Parlamento stesso la possibilità di poter nominare il ministro che voleva, ora più di tutto devono impegnarsi nel ribadire che la Magistratura non può impedire l’azione politica, salvo non si ravveda un delitto fine a se stesso, privo di qualsiasi connotazione politica non riconducibile all’interesse dello Stato. Qui è il Ministro degli Interni di uno Stato che ha stabilito la sovranità dei confini. Se oggi si desse l’autorizzazione a processare Matteo Salvini, ipoteticamente si potrebbe dare l’autorizzazione implicita a processare qualsiasi atto politico di qualsiasi ministro, di qualsiasi governo. Questo vorrebbe dire che passeremo da una ‘repubblica degli eletti’ ad una ‘repubblica delle toghe’. I magistrati devono essere liberi di svolgere serenamente l’operato che la Costituzione assegna loro ed i governanti debbono godere dello stesso diritto per i compiti a loro assegnati dalla Carta Costituzionale.
Oggi i cinque stelle sono quindi chiamati a difendere tre caposaldi: la legalità – poiché tutelare il diritto del governo di portare avanti un’azione politica è alla base della separazione dei poteri voluta dalla costituzione -; la volontà degli elettori, che hanno diritto di non vedere vanificato il loro voto a causa dell’inibizione di un potere dello Stato da parte di un altro potere dello Stato; ed infine la sovranità di un paese, che ha il diritto di disporre liberamente dei propri confini fin quando esiste come entità statuale indipendente .