Che tempi strani viviamo!
Affermare l’ovvio ormai dà adito a scandali, seguiti repentinamente da frettolose condanne e altrettanto frettolose retromarce e contritissime scuse.
E ci risiamo…
Una china pericolosa che travolge tutti, dal grande al piccolo. A nessuno è consentito trasgredire alla neolingua che si va imponendo in modo sempre più marcato nelle decadenti società occidentali. Chi resiste viene colpito da una implacabile fatwa pubblica che pretende l’abiura e condanna all’oblio. Insomma, oggi bisogna essere coraggiosi ad andare controcorrente, e non tutti, evidentemente, hanno il physique du role, per poterlo fare.
Ed è così che il povero Carlos Santana, celebre chitarrista americano, dopo aver dichiarato l’ovvio, è stato obbligato dalla sollevazione LGBT+ fare rapida marcia indietro, non una ma ben due volte (la prima non era stata ritenuta evidentemente riparatoria).
Che cosa è successo? Santana ad Atlantic City dal palco del Hard Rock & Casino Hotel aveva preso le difese del comico David Chappelle, vittima illustre dell’immarcescibile politically correct.
Il caso Chappelle
Il comico qualche tempo fa, in un suo spettacolo aveva minimizzato le frasi proferite da un rapper americano e percepite come discriminatorie nei confronti delle persone LGBT+. Con l’arma irriverente della satira poi si era provocatoriamente e ironicamente lamentato della lentezza della battaglia per i diritti dei neri a confronto del rapido sviluppo conosciuto dal movimento a tutela dei gay. Insomma, secondo il comico, era meglio essere gay che neri! Se Martin Luther King avesse invitato i militanti neri a salire su carri folkloristici vestito di paillette, il Movimento per i Diritti Civili avrebbe più rapidamente ottenuto i propri risultati. Questo il capo d’accusa nei confronti di Chappelle (che è un comico, ricordiamolo!).
Aggiungeva Chappelle che “the gender is a fact” (il genere è un dato di fatto e non una percezione soggettiva). Naturalmente, a seguito di tali dichiarazioni era seguita la reazione sdegnata della comunità LGBT+ nei confronti dell’attore, tacciato di pericolosa transfobia. Addirittura Netflix, non proprio immune da derive politcally correct, si vide costretta a difendere Chappelle in nome della satira e della libertà di pensiero.
Santana, ovvero la banaità dell’ovvio che diventa scandalo
Ebbene, Santana nel prendere le parti di Chappelle, ha ribadito una circostanza ovvia. Cioè, che quando nasciamo il nostro “genere” è già ben identificato: si è maschi o si è femmine. “Tertium non datur”. Poi – ha aggiunto il musicista – durante la vita può capitare di credere di essere qualcosa di diverso ma le cose non stanno proprio così. Comunque – aggiunge il nostro –“questo va bene”, nel senso che “qualunque cosa tu voglia fare a casa tua, sono affari tuoi a me sta bene”.
Che cosa c’è di strano in ciò? Si direbbe niente. Parrebbero parole di buon senso che indicano da una parte un dato di fatto biologico, dall’altro l’ovvia tolleranza verso quelle che comunque sono scelte personali e private.
Niente di tutto ciò. Come accadde per Chappelle, anche in questo caso la comunità transgender del luogo è insorta ferocemente chiedendo a gran voce la testa di Santana reo di transfobia e, per questo, costretto alle pubbliche scuse non una ma due volte.
Sembra di sognare, ma è la verità! L’ovvio che diventa pietra di scandalo. Le certezze, anche quelle più basilari, che crollano senza pietà sotto la scure permalosa del nuovo pensiero unico progressista. Memento: Ogni eterodossia, anche la più banale, è esclusa.
E dire che quello di Santana non è il solo caso.
Santana ma non solo
Dichiarare che esistono cromosomi X e cromosomi Y e che la prevalenza dell’uno o dell’altro determina il sesso del nascituro costò la cattedra a un professore americano accusato per questo di essere un retrogrado transfobico.
Organizzare un convegno sul rapporto tra i generi costò alle femministe inglesi il pubblico linciaggio (per fortuna solo mediatico perché la polizia impedì quello fisico).
A questo proposito viene in mente che quanto detto da Santana non è solo un’ovvietà, ma è una difesa della donna in quanto tale che qualcuno vorrebbe snaturare e cancellare e al contempo dell’uomo.
La nuova inquisizione progressista
Evidentemente, non si può! Che ci entri in testa a noi amanti del libero pensiero, che la nuova inquisizione progressista non tollera dissenso. Un’opinione diversa può costare la castrazione intellettuale, la gogna, l’oblio.
Altrettanto evidentemente ai nuovi Torquemada non basta più il (ovviamente dovuto) rispetto. Non si richiede più solo tutela giuridica. Si richiede di ridisegnare mediate il linguaggio il nostro modo di percepire la realtà, di sovvertire ogni parametro. Si richiede l’abiura della realtà, la negazione dell’evidenza, l’autocensura preventiva. E sovente non basta.
Persino il concetto di “politically correct” sta stretto a una deriva di tal genere che travalica i confini dell’assurdo. Ecco, a questo proposito, qualcuno potrebbe spiegarci esattamente che cosa c’entra questo approccio totalitario con la gusta difesa dei diritti delle persone omo e transessuali? Non se ne vedono i nessi, ma magari ci siamo distratti.
Una china pericolosa
In verità, siamo di fronte a una china pericolosa non solo perché tende a demonizzare ogni idea “diversa” che invece contribuirebbe ad arricchire il dibattito pubblico nell’agone democratico, ma anche perchè tende a generare una polarizzazione uguale e contraria verso posizioni sempre più chiuse e intolleranti. Sii va verso una concezione dal tifo ultras riguardo temi che invece meriterebbero un approfondimento serio e delicato, proprio perchè riguardano la vita delle persone. Insomma, dobbiamo constatare l’ennesimo episodio di una progressione funesta che rende un pessimo servizio alla causa degli omosessuali e dei transessuali.
Siamo proprio sicuri che si vada nella direzione giusta?