Andrea Scanzi è un fine conoscitore della Costituzione italiana. Su questo non ci sono dubbi. All’Articolo 21 della Carta infatti possiamo leggere:
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. […]»
Però alle volte, caro Scanzi, mi pare che te ne approfitti un po’ troppo. Anche se hai dalla tua parte la legge, e un forte appoggio politico (che non guasta mai), dovresti almeno avere
una certa deontologia professionale. Ma forse chiedo troppo. Etica? Mi sa che quel giorno a scuola eri assente. Vorrei chiamarti collega, ma ancora non posso. E quando potrò, stai sicuro, non vorrò. Perché essere paragonato a te lo trovo offensivo e deprimente.
Non commento l’espressione che contraddistingue questa foto presa dal tuo profilo Instagram dove ti bei di avere conoscenze altolocate. Magari siete davvero molto amici. Intimi. Per lo studio della fisiognomica rimando alla lettura dei trattati di Cesare Lombroso, troppo spesso sottovaultati.
No, caro Scanzi, non ti basta esserti fregiato di un opera encomiabile come parcheggiare il tuo SUV su ben DUE POSTI DISABILI, (clicca QUI per l’articolo) quando in realtà te ne bastava solo uno. Hai voluto strafare scrivendo un commento che, se lo avesse fatto un giornalista vicino agli ambienti di destra, darebbe probabilmente stato radiato dall’Ordine. La tua intimità con Conte ti protegge, nevvero?
Vedi Scanzi, se io dovessi mettere nero su bianco quello che penso di te (come molti milioni di italiani), verrei denunciato assieme al direttore di testata. E io non me lo posso permettere: le mie amicizie sono meno influenti delle tue.
Pertanto mi limito solo a biasimarti. Ma sappi che questa parola è corretta solo al 5%. Forse meno.
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