“In Italia nulla cambierà finché c’è la Chiesa” è il leit motiv che, da decenni, sintetizza la convinzione popolare che la società non possa cambiare per colpa del Vaticano.
C’ è un fondo di verità, ma un fondo appunto.
L’influenza del Papa sulla politica è sempre stata forte, soprattutto per la trasversalità dei cattolici di sinistra, di centro e di destra. Tuttavia, non è il Papa l’unico “ostacolo” al progresso sociale.
Progresso vuol dire in primis impegno nell’analizzare e capire quel che non va e cercare soluzione, mettendo in discussione verità sedimentate, interessi personali e di parte, puntando a coinvolgere la Società tutta nel cammino verso il cambiamento.
Femminismo radicale Nei cortei per la liberazione della donna dal “patriarcato” abbiamo visto di tutto: cartelli che accusano gli uomini di essere delle bestie, insulti, bestemmie, Madonne rappresentate in chiave blasfema. Mai un riferimento però ad altre culture, ormai mescolatesi alla nostra, nelle quali la donna è sottomessa, umiliata e relegata a ruoli da Medioevo contemporaneo. Mai una contestazione alla comunità pachistana, alle comunità marocchina, algerina e tunisina o a quella albanese di credo islamico che vivono nel nostro Paese. Potremmo aggiungere, seppure siano pochissimi, anche gli ebrei ortodossi, specie dopo l’acceso confronto del 2019 a Gerusalemme fra le femministe ebree di Women of the Wall ed i giovani ebrei ortodossi Haredim al Kotel, il Muro del Pianto.
Orientare il cambiamento verso un’unica direzione significa non voler cambiare. E anche scegliere d’essere ciechi impedisce la naturale evoluzione sociale.
Ricorrendo ad una provocazione, di “Papi anti-progresso” il mondo è pieno. Ed in molti casi il patriarcato, contro il quale si scagliano le femministe di Non una di Meno e di Me Too, appartiene a realtà decisamente lontane dal mondo cattolico.
D’altronde, è estremamente difficile leggere sui giornali di cattolici che si sono fatti saltare in aria al grido di “San Giuseppe è grande” o che hanno catturato giovani cristiane riformate e ragazze musulmane per farle sposare ai loro correligionari. O, ancora, che hanno costretto a matrimoni combinati le figlie e le nipoti.
Schiavitù sessuale Parliamoci chiari, la prevaricazione sulla donna non è relegata al mondo musulmano mondo che, suo malgrado, è difficilmente oggetto delle campagne femministe.
Così come, dimenticati, sono quei paesi cristiani ortodossi quali Moldova, Ucraina e Romania (già, quelli preoccupati da Mosca!) nei quali la piaga della cattura e la vendita di giovanissime per prostituzione è quasi una prassi, poiché corruzione. L’assenza di controlli, la povertà e talvolta la compiacenza delle autorità consente ai trafficanti di bianche di muoversi indisturbati, a beneficio dei “mercati del sesso” degli Emirati, dell’Europa e degli Stati Uniti.
Trafficanti che sono anche donne, come quelle condannate a dieci anni di prigione in Moldova per aver costretto una connazionale 23enne a prostituirsi a Dubai.
Ma, pure in questo caso, mai viste le femministe in piazza per un fenomeno che colpisce decine di migliaia di ragazze in tutta l’Europa orientale, rappresentando, lo ripetiamo, una autentica piaga.
Il Pride Medesima cosa accade con l’omosessualità. Il recente Pride di Milano è stato spinto molto da testate nazionali ed i commenti susseguitisi sui social hanno descritto un’Italia che non esiste: omofobia diffusa e necessità di difendere i “diritti umani”. Insomma, qualcuno ha scambiato il Gay Pride per la Marcia di Selma, con la sola differenza che, a Selma, vi erano poliziotti bianchi pronti a reprimere a colpi di manganello (e di pistola) il primo gesto di protesta ritenuto troppo vivace.
No, il paragone è offensivo e fuori luogo verso gli afro-americani e verso gli omosessuali stessi, specie coloro i quali si sentono ben integrati in Italia e non sottoposti a quell’odio omofobo che il movimento per i diritti gay riterrebbe diffuso.
Omofobia di parte L’omofobia non è figlia del cattolicesimo o, almeno, non solo di esso: nei paesi socialisti, ad esempio, era ritenuta un crimine contro lo stato; in Arabia Saudita, Pakistan ed Afghanistan essere omosessuali è tutt’ora un rischio per la propria incolumità.
Arabia Saudita e Pakistan, nazioni con le quali Roma dialoga, commercia, mantiene rapporti molto stretti malgrado le aperte violazioni dei diritti umani: uomini, donne, omosessuali, lesbiche.
Al Pride di Milano il dito è stato punta contro il Cremlino. Putin, lo sappiamo, non è tenero con il mondo gay, tuttavia le parole della leader di Inside Olena Shevchenko lasciano basiti. Stando all’attivista, infatti, è giusto supportare il mondo LGBT russo che si oppone a Putin e che prima della guerra l’Ucraina stava ottenendo buoni risultati nell’ambito delle libertà sessuali.
Buoni risultati per modo di dire: il matrimonio fra persone dello stesso sesso è incostituzionale. Le unioni civili ancora un miraggio. La transessualità è ritenuta disturbo psichiatrico. Il cambio di sesso e di identità è sì legale, ma dopo l’operazione si dovrebbero seguire 24 mesi di assistenza psicologica. Inoltre, se i single possono adottare alle coppie omosessuali è fatto divieto. Le offese verbali non sono reato.
Il paese che vorrebbe entrare in Europa e che sosteniamo contro il dispotismo di Putin…
Il perché femminismo radicale e movimento LGBT abbiano i paraocchi è semplice: l’interesse politico è molto forte e, chiaramente, tirare in causa altre culture esporrebbe politici ed attivisti al rischio di essere classificati come razzisti. E di perdere consenso.
C’è inoltre il fattore pericolo. Il giornale veramente ateo, cioè contro tutte le religioni a 360° Charlie Hebdo ha pagato cara una vignetta contro Maometto.
Dunque, poco importa se una donna pachistana muore perché rifiuta un matrimonio combinato e se un gruppo di marocchini molesta ragazze durante il capodanno o sul treno. Evitare accuse di razzismo, spostando l’attenzione sul patriarcato italiano (quale?), sul fascismo (morto il 25 luglio 1943) e su piccoli gruppi di destra e di conservatori cattolici che, per maturare un termine dalle carte, contano quanto il 2 di Denara quando regna Bastoni.
Altro elemento tipico di questo femminismo e del movimento LGBT è la generalizzazione. Non alcuni uomini violenti e prevaricatori, ma gli uomini in quanto tale. Non alcuni omofobi, ignoranti (e probabilmente gay repressi) ma tutti gli etero. Etero che, ricordiamo, sono anche le donne e che hanno ancora il diritto, costituzionale, di dissentire dal Pride e dalle richieste LGBT. Questo non per odio o per discriminazione, ma libertà di pensiero. Senza essere classificato bestie ignoranti né insensibili poiché, quanto ad insensibilità e cecità, femministe ed attivisti pro gay la mostrano quotidianamente chiudendo gli occhi sulle vere prevaricazioni che colpiscono donne, omosessuali ed etero in tutto il mondo.
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(Immagine di sfondo: Foto di Gerd Altmann da Pixabay)