Se i cattolici in politica non dettano più lo spartito…

de gasperi

Se i cattolici in politica non dettano più lo spartito…

In una recente ricerca dell’Istituto Piepoli,“solo il 3% degli italiani afferma che il proprio credo religioso incida ‘molto’ sulle proprie opinioni politiche”.

Il 25% dice che incide “abbastanza”

Da ciò scaturisce una conclusione: “Nel ‘partito dei cattolici’ solo un elettore su tre è condizionato dalla religione”. La fede e la politica hanno divorziato e i “tempi della Dc sono ormai lontani”. E dunque “i valori e i simboli del cattolicesimo sono sempre meno determinanti per orientare le scelte politiche”.

“Non possiamo tacere”

Una riflessione attenta a commento di questi dati ci porta a fare una prima considerazione, che tramutiamo subito in domanda: se tra i cattolici “laici” fede e politica hanno divorziato, portando ad una loro insignificanza tendenziale sulla scena politica italiana, si può dire lo stesso della Chiesa Italiana, in particolare della CEI?

Il “non possiamo tacere” del numero due della CEI, Mons. Francesco Savino, sul nuovo assetto istituzionale portato avanti dal governo Meloni, è, comunque la si pensi, un intervento a gamba tesa delle gerarchie che non si vedeva da decenni.

E non sembra affatto fisiologico per la politica italiana che i tempi dello “spartito” siano dettati direttamente dalla CEI e non “mediati” da quei soggetti deputati che, secondo l’ispirazione cristiana, sono impegnati nella città degli uomini.

E se qualcuno preferisse la Babele?

Un’intera tradizione della storia dei cattolici italiani in politica, alta e nobile, rischia di impallidire. Su tutto quella dei due giganti Sturzo e De Gasperi, che facevano del binomio ispirazione – laicità il pilastro del loro pensiero ed azione politica.

Forse può far comodo a qualche fautore della fredda “ragione di Stato” che l’epilogo sia questo, non certo a quei cattolici che, proprio da laici ed in responsabile autonomia, non si rassegnano alla fine di una presenza e di un progetto politico.

Queste elezioni europee ci mettono sotto gli occhi una lezione plastica: in Italia non c’è più una cultura cattolica come comune fondamento unitario, se pure articolato. Il sospetto, a volte ben fondato, è che qualcuno preferisca la Babele alla vita pensosa e sofferta entro una casa comune.

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