Secretata la verità sulla morte di Diabolik

Fabio Gaudenzi ha parlato, ma la sua verità resta un segreto. È durato oltre cinque ore il colloquio tra i magistrati e Gaudenzi, il pregiudicato che affermando di aver fatto parte di un non meglio noto gruppo di nostalgici del fascismo ha detto di voler fare i nomi di chi ha ucciso il leader degli Irriducibili della Lazio Fabrizio Piscitelli, Diabolik, assassinato il 7 agosto scorso in un agguato. Sull’intera faccenda però la Procura ha imposto la massima riservatezza. Ogni atto è infatti stato secretato.

È certo però che ieri, nel carcere di Rebibbia, alle 15:30 Gaudenzi ha iniziato a parlare spiegando perché ha deciso di collaborare. L’amico dell’ultras ucciso, con una condanna di 2 anni e 8 mesi alle spalle rimediata nell’ambito del processo Mafia Capitale, non si definisce un pentito. Vuole vendicare il suo amico Diabolik e ha paura. Teme che possa essere ucciso perché è a conoscenza di un fatto talmente rilevante da aver generato una scia di sangue che partendo da Brescia avrebbe raggiunto la Capitale.

Il motivo sarebbe da ritrovare in traffici clandestini: «È una storia di contrabbando ha detto agli investigatori che attraversa l’Africa e l’Arabia Saudita fino ad arrivare in Europa». Poi ha messo sul tavolo degli inquirenti foto dei viaggi in aereo oltre il Mediterraneo e nomi dei presunti responsabili dei due omicidi. Persone da ricercare anche fuori dai confini della criminalità organizzata, nella grande industria. «Preciso ha continuato Gaudenzi che non si tratta di droga». 

Ai pm Nadia Plastina e Giovanni Musarò, «Rommel» avrebbe spiegato che l’omicidio Diabolik scaturirebbe dalla conoscenza che la vittima aveva in merito ad alcune dinamiche criminali che coinvolgerebbero «nomi pesanti», persone di cui avrebbe fornito generalità, indirizzi e, trapela, anche una documentazione fotografica.

Secondo Gaudenzi anche la morte di un altro amico, avvenuta a Brescia e indicata a suo tempo come un decesso per cause naturali, nasconderebbe un delitto avvenuto proprio pochi giorni dopo un colloquio tra la vittima e lo stesso Rommel.

Le paure di Gaudenzi, a suo dire, sarebbero fondate: «È stato minacciato in carcere», dice il suo avvocato Marcello Petrelli. Gaudenzi parla per paura e perché avrebbe intenzione di levarsi più di un sassolino dalle scarpe, contro quelli che lui considera traditori, «infami», quelli che «in questi trent’anni hanno pensato bene di comportarsi da me…e nei nostri confronti», diceva nel video postato su YouTube poco prima di essere arrestato a causa di alcuni colpi di arma da fuoco sparati mentre era in casa. Un delirio di un uomo dal passato travagliato o un importante messaggio: saranno gli inquirenti a stabilire la credibilità dell’indagato.

 

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