Serra, Lerner, Saviano con le valige in mano – Sono ormai giorni che a Repubblica l’aria è diventata incandescente. Metà del Consiglio di redazione, infatti, è sul piede di guerra. Il motivo? Il cambio di proprietà e di direzione del giornale. Per chi se lo fosse perso, qualche mese fa i De Benedetti hanno venduto l’intero gruppo Gedi – di cui fanno parte anche la Stampa e l’Espresso – alla famiglia Agnelli, con John Elkann che è diventato il nuovo editore del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Il passaggio delle consegne ha inoltre portato al licenziamento del direttore Carlo Verdelli, che dopo solo 14 mesi di regno ha dovuto cedere lo scettro a Maurizio Molinari, ex numero uno della Stampa e uomo molto vicino a Elkann.
Serra, Lerner, Saviano… Galeotta fu la Fiat
E se al Cdr di Repubblica già non era garbato il siluramento di Verdelli, è poi arrivata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il trattamento della notizia sulla richiesta del gruppo Fca di accedere agli aiuti di Cassa depositi e prestiti. Una questione effettivamente irritante: la Fiat, che ha spostato sede legale e fiscale all’estero, spesso delocalizzando la produzione e quindi mandando a spasso numerosi operai italiani, ora torna chiedere a Papà Stato di salvare la baracca. Privatizzare gli utili e socializzare le perdite: è il solito giochetto dei turbocapitalisti, che idolatrano il mercato solo fintantoché gli affari vanno bene, salvo poi chiedere alla collettività di aprire il portafogli nei periodi di magra. Però, visto che ora gli Agnelli sono alla guida anche di Repubblica, possono permettersi di far suonare lo spartito che più gli aggrada.
La rivolta della redazione di Repubblica
Il problema è che, nel Cdr del quotidiano, qualcuno ha ancora una coscienza. Va bene tutto: l’europeismo più bieco, gli elogi al Mes, la retorica antinazionale, l’antifascismo al caviale, la resa incondizionata alle divinità del mercato – ma far pagare agli italiani in difficoltà i «buffi» degli Agnelli, ecco, questo proprio no. Per farla breve, in molti non hanno gradito la linea troppo morbida di Molinari sull’affare Fca e Cdp: «Il sindacato interno dei giornalisti ritiene che si tratti di una copertura dell’evento squilibrata a favore dell’azienda controllata dal principale azionista del giornale, la Exor di John Elkann. Chiede di pubblicare un comunicato sul giornale. Molinari rifiuta», ha fatto sapere il Cdr di Repubblica.
La grande fuga
È a questo punto che alcune firme di punta del giornale hanno iniziato ad abbandonare la nave. Per primo lo ho fatto Gad Lerner, che ha spiegato così la sua scelta: «Mi ero imposto di aspettare, di non fare scelte affrettate, benché suonasse forte e chiaro il messaggio contenuto nel licenziamento senza preavviso di Carlo Verdelli. A parte quel gesto, la nuova proprietà ha ritenuto di esporre solo per vaghi accenni il progetto industriale e giornalistico intrapreso. Ma nel frattempo, in poche settimane, Repubblica è già cambiata. Non la riconosco più. Per questo, pur ringraziando il nuovo direttore che mi aveva chiesto di proseguire la collaborazione, preferisco interromperla qui», ha scritto il giornalista sulla sua pagina Facebook.
Ma non c’è solo Lerner. Anche altri pezzi grossi sono pronti a dare il benservito alla nuova direzione del quotidiano. Tra questi ci sono firme storiche come quelle di Michele Serra, Ezio Mauro, Roberto Saviano e Francesco Merlo. Per i transfughi, del resto, ci sarebbe anche un approdo sicuro: il nuovo giornale di Carlo De Benedetti, che si chiamerà Domani, sarà diretto da Stefano Feltri ed è attualmente in fase di allestimento. La grande fuga è iniziata. E, senza quelle firme, Repubblica potrebbe addirittura diventare un quotidiano rispettabile.
Valerio Benedetti www.ilprimatonazionale.it
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