Il tema della Sicurezza Urbana occupa, ormai da alcuni anni, un ruolo importante nel dibattito politico sul governo delle città e nella riflessione sociologica e criminologica.
La sicurezza urbana: un problema per le amministrazioni
Le politiche locali e le amministrazioni sono perennemente alle prese con questo tema visto anche il crescente tasso di criminalità nei centri urbani e nelle periferie che troppo spesso sono lasciate a se stesse.
Ciò, non certo per responsabilità delle Forze dell’Ordine le quali fanno tutto il possibile per assicurare e tutelare la cittadinanza.
Quanto piuttosto per un endemica sottovalutazione da parte della politica del crescente impatto del fenomeno della microcriminalità, delle difficoltà di convivenza tra gruppi etnici diversi e, soprattutto a causa delle note problematiche di organico nei corpi di polizia.
Specificità della sicurezza urbana rispetto ad altri tipi di “sicurezza”
La sicurezza urbana ha dunque raggiunto una forma di autonomo inquadramento concettuale che la differenzia dalla sicurezza tout court o dall’ordine pubblico, includendo sia le attività di prevenzione sia la percezione psicologica da parte dei cittadini.
In altre parole, se non vi è una seria attività di prevenzione non vi è sicurezza urbana e, parimenti, se la cittadinanza non si percepisce sicura siamo di fronte a un fallimento delle politiche di sicurezza.
Il termine «urbana» richiama in maniera esplicita il luogo ove si manifestano oggi problemi rilevanti di insicurezza e dove è necessario concentrare gli interventi.
Il cambiamento della città: nuovi problemi e necessità
La città come luogo di aggregazione comunitaria è cambiata moltissimo in questi ultimi decenni e se prima le istituzioni non avevano competenze o capacità di far fronte alla criminalità, oggi questo è un lusso che non possiamo permetterci.
Con la modifica della percezione della città, e con il proliferare di presunti reati minori (quali lo spaccio, la prostituzione ecc.), apparentemente autonomi ma in realtà collegati con organizzazioni criminali talvolta anche transnazionali, si comprende bene come il tema deve essere affrontato a più livelli secondo un criterio di sussidiarietà che riguarda tutti, compresi i singoli cittadini.
La sicurezza come responsabilità del singolo e delle istituzioni
Infatti, se è vero che le Istituzioni devono fare la loro parte, anche il singolo cittadino è chiamato a una responsabilità specifica verso se stesso e verso gli altri.
Per questo, è necessario creare una sinergia tra amministrazioni e cittadini al fine di garantire a questi ultimi strumenti di difesa personale che nell’emergenza possono salvargli letteralmente la vita. Logico che questo non sia sufficiente né tantomeno esoneri la politica da assumersi le proprie responsabilità mettendo in campo tutti quei rimedi che siano possibili (da un sistema di videosorveglianza nelle aree più “calde” delle città all’eventuale coinvolgimento di civili nelle procedure di prevenzione che possano tempestivamente segnalare alle Forze dell’Ordine eventuali pericoli); ma una nuova alleanza tra il pubblico e la cittadinanza è sicuramente un passo importante per responsabilizzare il singolo verso se stesso, gli altri e il territorio.
Il Krav Maga: un metodo di difesa personale
Fra questi strumenti di difesa personale, uno dei più efficaci è ad esempio il Krav Maga, metodologia di combattimento di origine israeliana, che, se ben appreso, offre soluzioni efficaci in contesti di aggressione urbana. Istituire delle partnership tra amministrazioni, istruttori e cittadinanza per garantire a tutti la possibilità di apprendere questo metodo potrebbe essere un’ipotesi da considerare seriamente. A titolo esemplificativo potremmo ipotizzare una compartecipazione alle spese per i corsi da parte dell’Amministrazione per quelle persone che fossero interessate ad apprendere il Krav Maga. Questo consentirebbe di ridurre il carico economico per le persone senza con ciò rinunciare a potersi difendere in caso di aggressione improvvisa.
Intervista a un istruttore di Krav Maga
A questo proposito, proponiamo in questa sede, un’intervista a suo tempo rilasciata dall’Istruttore Ciro Lenti di Firenze, il quale insegna il Krav Maga dal 2003 ed è “expert instructor” con formazione diretta nello Stato Israeliano.
Che cos’è il Krav Maga?
Krav Maga: due parole provenienti dall’ebraico antico il cui significato letterale è: “combattimento a contatto”.
Un principio che nella pratica di questo sistema di combattimento si esplica nel mantenimento della corta distanza, sia per acquisire controllo sull’avversario che per sfruttare le reazioni istintive del corpo ed aumentare così le probabilità di successo della tecnica applicata.
Questi fattori, combinando in modo pratico, veloce e versatile diverse tecniche di combattimento e difesa personale, rendono il Krav Maga un sistema adatto ad essere impiegato a uomini e donne di tutte le età.
Quali sono gli obbiettivi?
Nell’allenamento fisico e tecnico del Krav Maga, sono integrate anche pratiche ed esercizi che esplicano la loro azione sul piano emotivo, consentendo al praticante di aumentare progressivamente importanti aspetti interiori, quali padronanza e lucidità mentale, autostima e sicurezza dei propri mezzi, sia fisici che psicologici.
Nel Krav Maga, lo scopo finale di neutralizzazione dell’avversario, anche tramite tecniche dirette offensive, è considerato il risultato estremo, da raggiungere solo quando ogni altro tentativo di evitare lo scontro diretto sia fallito.
Per esplicita volontà del padre fondatore, questo sistema è ricco di principi, sia sul piano umano che morale, e persegue lo scopo di fortificare la mente e lo spirito del praticante (ancor prima, possiamo dire, che rafforzarlo sul piano fisico) al punto di renderlo “così buono da non aver bisogno di uccidere”. (cit. Lichtenfeld)
In pratica?
In caso di aggressione: le possibili soluzioni sono tre:
- Evitare, se il pericolo viene percepito come lieve;
- Scappare, se esistono tempo e distanza per farlo;
- Reagire, utilizzando per questo qualunque oggetto a disposizione, o in alternativa il proprio corpo. Per essere preparati alla terza possibilità e quindi a un probabile combattimento psicologico, bisogna prepararsi con un allenamento adeguato: come la mente condiziona il fisico, così l’allenamento condiziona la mente.
Schematicamente la situazione può essere distinta in cinque fasi:
- Aggressione
- Collegamento della percezione del pericolo al cervello
- Identificazione/decisione
- Trasferimento della decisione al corpo
- Reazione
Leggi anche: Medioevo USA: licenziata per il David
www.facebook.com/adhocnewsitalia
SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT