Simone Di Stefano lascia CasaPound: “Per libera e sofferta scelta – scrive su Twitter – il mio percorso politico con CasaPound Italia termina oggi. Non tornerò mai più sull’argomento e non c’è necessità di discutere le motivazioni, che sono pochissime ed esclusivamente di natura politica”.
Ho avuto il piacere di conoscere Simone Di Stefano quando conducevo un programma in una Tv regionale. Scrivo “il piacere”, perché tale fu. Persona educata, misurata, intelligente. Nei lunghi anni di impegno politico ha dato ampia prova di tali caratteristiche.
Non sono vicino a CasaPound, ma non mi è piaciuto affatto leggere gli articoli usciti sui vari “grandi” – per dimensioni, non certo per qualità – quotidiani. Troppe le “amnesie” su Di Stefano.
Repubblica, ad esempio, così scrive: “Poco fortunate le sortite in politica: alle Comunali del 2013 ha ottenuto lo 0,6% dei voti, per poi toccare quota 1,1 punti percentuali alle Amministrative del 2016. Una tornata a cui Di Stefano si è candidato nonostante la segnalazione della commissione Antimafia, che lo inserì nella lista degli “impresentabili”. Colpa di un arresto per furto aggravato di una bandiera dell’Unione europea, reato per cui è stato condannato a tre mesi di reclusione e al pagamento di una multa da 100 euro. “Quel simbolo per me ha il valore di uno straccio. Le manette? Una medaglia appuntata sul petto”, commentava allora il big delle tartarughe frecciate.
Visto il disastro che chiamiamo Unione europea è difficile dar torto a Di Stefano, ma non è questo il punto. Perché nessuno si è preso il disturbo di ricordare, tanto che era a far le pulci al leader di CasaPound, che Di Stefano si è fatto 6 mesi agli arresti domiciliari per aver lottato al fianco di una famiglia che stava per essere buttata in mezzo di strada senza tanti riguardi?
L’aver sostituito una bandiera è stato un gesto simbolico, l’aver sacrificato la propria libertà per solidarietà è stato ben altro. Troppo alto il livello etico per ricordarlo? Eppure non era poi così difficile. Amnesie volontarie: a noi!
Non mi pare che di politici disposti a finire in manette per difendere dei cittadini disperati, ce ne siano parecchi in giro. Pronti per il selfie di rito da postare su Facebook, per poi mollare all’istante i più deboli nella merda, ne trovate quanti ne volete invece.
Il giornalismo dovrebbe essere anche questo, onestà intellettuale. Va bene la linea editoriale, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare.
Onore a Simone di Stefano.
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