Sindaci italiani. La necessità di sloggiare, altro che terzo mandato!

Per il bene della democrazia gli amministratori debbono alternarsi

terzo mandato

Terzo mandato – In America non si sfugge, dopo due mandati un presidente o anche un governatore oppure un sindaco va a casa. Deve cessare, lasciare il posto! Indipendentemente da quanto sia stimato. Questo avviene anche in Francia. Oggi la Germania, dopo un lungo periodo ha chiuso l’epoca di Frau Merkel.

Invece ora i sindaci delle grandi città vorrebbero avere l’opportunità di fare il terzo mandato.

Nella prima Repubblica non c’era l’elezione diretta. Il sindaco veniva scelto tra i consiglieri comunali. Nella seconda Repubblica si è fortemente voluta rafforzare questa figura, bilanciandola con il divieto per i comuni superiori ai 3000 abitanti di eccedere i due mandati.

Recentemente Dario Nardella, sindaco di Firenze, ha riproposto la possibilità del terzo mandato per i sindaci delle grandi città. In molti sostengono che si perdono preziose esperienze non consentendo a chi è già sindaco di restare per ancora qualche anno. Ma in democrazia questa è in fondo una debole obiezione.

Ronald Reagan avrebbe rischiato di eguagliare il primato di George Washington nel numero di grandi elettori che l’avrebbero riconfermato alla Casa Bianca se si fosse potuto candidare una terza volta. Ma la vera forza sta proprio nel fatto che non si fa eccezione per un solo uomo, per quanto esso sia grande.

Perché non consentire il rinnovamento?

Una repubblica non si può fondare su un uomo. Come le istituzioni non possono fondarsi su leadership apicali lunghe negli enti locali; ma bensì su classi preparate di più amministratori.

Non è che il problema risiede forse nel taglio dei parlamentari? Infatti molti sindaci potrebbero, se eletti in grandi centri, puntare ad esempio all’europarlamento. Potrebbe essere proprio il caso di Dario Nardella, che nel 2024 si vedrebbe, nelle condizioni attuali nell’impossibilità di essere rieletto.

Ma molto spesso in Italia l’europarlamento viene visto come un parcheggio temporaneo. Dove un amministratore che ha quotidiane responsabilità effettive si sente messo da parte rispetto agli ambienti decisivi della politica.

Non tutti ovviamente potrebbero ricollocarsi nelle assemblee regionali, senza distruggere i già delicati equilibri di partiti come il PD o il Movimento Cinque Stelle, che dovranno subire un salasso in termini di senatori e deputati già di per sé destabilizzante.

Ma partiamo da una provincia come quella di Firenze

Dove la grande maggioranza dei sindaci è già al secondo mandato, con elementi di rilievo che si vedono inibita la possibilità di andare a Roma per la riduzione dei numeri. Se analizziamo le carriere di gran parte di costoro vediamo che sono spesso legate alla politica. Ossia, anche se spesso dipendenti pubblici, o di società partecipate, sono praticamente dei politici di professione.

Non sarà forse questo che spinge molti ad auspicare un terzo mandato?

Soprattutto per rimanere in una posizione di rilievo in vista di possibili futuri appuntamenti elettorali?
Del resto meglio trattare un futuro politico da una posizione di forza, che doverlo fare dopo un Pit Stop.
E questo soprattutto se si sta alla guida di città medio-grandi, dove comunque la visibilità è parzialmente limitata rispetto ad altri.

Quanto sarebbe devastante per il Partito Democratico ad esempio in provincia di Firenze dover pensare a trovare un futuro politico per tutti questi amministratori in scadenza?

Sono forse tali motivazioni più personali e futili, dell’amor di patria, ossia il dover mandare avanti la baracca?
Qualcuno diceva che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca…

 

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