Siria: Protesta contro Curdi ed USA nella zona di Ayn al-ʿArab
I cittadini del villaggio di al-Sheyoukh, legato alla città siriana di Ayn-al-Arab (in Europa chiamata con il nome curdo “Kobane”), hanno protestato ieri nella città di Manbij. La rabbia popolare scaturisce dalle pratiche delle “Syrian Democratic Forces”, i gruppi armati curdi sostenuti dagli USA.
Le fonti sul campo dell’agenzia di stampa siriana SANA, hanno riferito che la gente è scesa in strada per protestare contro i crimini delle SDF. Colpevoli del sequestro di molte proprietà dei residenti, come appezzamenti di terreno e case. La gente è stata privata anche della mietitura dei raccolti e della possibilità di ritornare ai propri villaggi dai quale sono stati costretti a spostarsi lo scorso anno.
Le fonti hanno sottolineato che i miliziani hanno arrestato molti manifestanti. Isolate tutte le strade che portano al luogo della protesta. I curdi hanno spostato migliaia di residenti da al-Sheyoukh Foukani, al-Sheyoukh Tahtani, dall’area di al-Naseryia e da decine di villaggi, impedendo loro di tornare e prendere i raccolti.
Da diversi mesi, villaggi e città nelle campagne di Deir Ezzor e Hasaka sono stati testimoni di proteste e manifestazioni contro le pratiche dei gruppi di SDF. Si registrano rapimenti, uccisioni e il saccheggio di petrolio in collaborazione con società private illegali, il tutto con il benestare degli USA.
COSA SONO LE SDF – “SYRIAN DEMOCRATIC FORCES”?
Le cosiddette Syrian Democratic Forces (SDF), sono un’organizzazione falsamente pluralista a guida curda YPG (Unità di Protezione Popolare, il principale gruppo militare curdo-siriano braccio locale del PKK, principale partito curdo militante in Turchia). Inglobavano, per darsi una legittimità perlomeno apparente, anche elementi di altre etnie e finanche gruppi islamisti come Liwa Thuwar Al Raqqa, precedentemente alleati addirittura con Al Qaeda.
Sono state create nel 2015 da Barack Obama, intenzionato a mettere ancora una volta in pratica il concetto di “guerra surrogata”. Ovvero enfatizzazione delle azioni multilaterali, priorità operative a componenti tecnologiche e attori locali, sia regolari che irregolari.
L’operazione targata Washington era chiara: dare un’alternativa credibile, sull’onda del terrore internazionale dell’Isis, alle sue forze sul campo, tutte ormai compromesse e poco affidabili poiché di matrice islamista, contro il legittimo Governo di Bashar al-Assad. In poche parole, sostituire la carta fondamentalista con quella separatista, legata alla causa curda, ben più digeribile agli occhi della opinione pubblica mondiale.
UN GIOCO DI EQUILIBRI
Questa operazione però, in qualche modo, ha scombussolato gli equilibri tra gli storici alleati regionali di Washington. Ankara, da sempre acerrima nemica di ogni legittimazione verso i curdi, non ha mai digerito questa scelta, anche perché impegnata sul campo siriano in supporto dei gruppi fondamentalisti/islamisti. Israele, invece, ha sempre dato il suo sostegno. Gli israeliani sono da sempre il principale sponsor regionale delle “cause” curde, utilizzate come fattore disgregante delle unità statali dei suoi nemici storici, principalmente Siria, Iraq ed Iran.
Non a caso, lo scorso ottobre, la Turchia ha lanciato un attacco militare volto ad indebolire le forze curde. I separatisti, con gli Usa rimasti a guardare per non creare fratture con Erdogan, hanno chiesto aiuto all’Esercito arabo siriano. Come condizione Damasco ha preteso la riconsegna delle zone illegalmente sottratte alla Repubblica Araba di Siria. Inizialmente così è stato, le truppe siriane sono avanzate entrando anche a Raqqa, hanno respinto i turchi e ripreso il controllo di alcune zone. Poi, però, la situazione si è arenata, i Turchi hanno virato su Idlib, lo scontro si è focalizzato in quel quadrante e gli Usa sono tornati a patrocinare l’occupazione targata SDF.
LE PROTESTE DI QUESTI GIORNI
Le proteste della popolazione arrivano perché le SDF, fin dall’inizio, hanno iniziato un’opera di “curdizzazione” forzata degli enormi territori siriani occupati ad est dell’Eufrate. Zone ben più estese di quelle definibili come “Kurdistan” siriano o Rojava. Centinaia di migliaia di arabi sunniti e cristiani assiri sono stati spostati con la violenza ad opera delle milizie curde, artefici di veri e proprio espropri (abitazioni, proprietà ecc.) ai danni della popolazione non-curda. Un situazione esplosiva. L’Arcivescovo siro cattolico di Hassaka Benham Hindo, ha riassunto in modo emblematico: “Vogliono rubare la nostra terra, la nostra lingua, la nostra cultura. Ci rifiutiamo di sottometterci ai loro dettami e continueremo a resistere alla dominazione curda” (febbraio 2019).
Queste proteste sono l’ulteriore testimonianza che il popolo siriano è stanco della presenza illegale degli Usa e dei suoi satelliti nel territorio della Repubblica Araba di Siria.
Nel primo video un giovane residente a Deir Ezzor accusa l’SDF di aver saccheggiato la sua regione per costruire la loro roccaforte a Kobane (Aïn al-Arab). Nel secondo un’immagine delle proteste di questi giorni.
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