Il sistema italiano è sotto tutela: non funziona più. È un dato di fatto!
Mario Draghi vuole fare un’operazione ampia, lunga. Di riforma, di riassetto, di scelte difficili da operare. Per la quale non bastano i pochi mesi che rimangono alla legislatura. La fine del governo Draghi sarebbe per forza di cose segnata dalla fine della legislatura.
Non ci sono le condizioni per pensare che i partiti facciano una campagna elettorale gli uni contro gli altri, di schieramenti definiti contro altri schieramenti altrettanto definiti, per chiedere poi a Mario Draghi di restare. E non è sufficiente il periodo di circa quattordici mesi che resta a questa legislatura per realizzare ciò che Draghi si propone. Non basta come tempo neppure per metterne in atto una parte minimale.
L’unico modo per imporre una direzione stabile è per il premier attuale un cambio di strategia.
Il Governo in Italia è debole
Il bicameralismo paritario non aiuta l’efficacia, la stabilità e la forza dei governi. Ciò si aggrava sicuramente laddove non c’è una legge elettorale, come nel caso di quella attuale, capace di garantire maggioranze certe con numeri solidi.
Quindi sicuramente la prospettiva di Draghi di occupare la presidenza della Repubblica diventa la prospettiva per stabilizzare quelle riforme. Quelle scelte con la benedizione dell’Europa per almeno sette anni. Vi è solo una resistenza dell’imbarazzante classe politica attuale al commissariamento assoluto. Eh beh sì perché il problema risiede proprio in questo.
In altri tempi avremmo potuto gloriosamente definirlo un rigurgito di orgoglio dell’indipendenza e della
sovranità del paese. Draghi è l’unico credibile, agli occhi della comunità europea e della comunità internazionale per garantire un Italia affidabile.
Ma questo rende esplicito il fallimento totale e la delegittimazione di quei partiti che hanno visto arrivare Draghi. Che lo hanno dovuto sostenere poiché inetti per fronteggiare efficacemente la crisi.
Il problema è proprio svilente per l’orgoglio di appartenenza al nostro paese
Draghi è imposto per stabilizzare un paese, reso instabile dall’inettitudine dei partiti che lo sostengono. Ma i leader dei partiti che formano l’eterogenea maggioranza governativa, non hanno pensato nei mesi passati ad una riforma in senso di elezione diretta del Capo dello Stato. Che avrebbe dato grande legittimazione anche internazionale ad un nuovo presidente.
Come oggi reagirebbero, se poi ne trovassero davvero il coraggio, all’imposizione di Draghi da parte di ambienti transnazionali, non per difendere la sovranità del paese. Ci proverebbero solo per un tentativo di preservare i privilegi ed il potere della casta. Non il dovere dei parlamentari di salvaguardare la nazione.
Assurdo paradosso. Draghi è il risultato di una mediocrità politica che lo sostiene, cercando di resistergli. E se lo dovrà tenere poiché preserva quegli atteggiamenti irresponsabili che li fanno inaffidabili per l’Europa e rendono Draghi il loro tutore necessario.
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