Strage di studenti in Bangladesh: le forze dell’ordine aprono il fuoco sui manifestanti
Dacca, 23 luglio 2024
Dopo giorni di violenti scontri tra le forze dell’ordine e gli studenti, il bilancio delle vittime nella capitale del Bangladesh è tragicamente salito a oltre 150 morti, con centinaia di feriti, anche tra le forze dell’ordine, e migliaia di arresti.
Complice il tentativo di promulgare una legge piuttosto controversa, che prevede l’assegnazione di una considerevole percentuale di posti di lavoro nel settore pubblico ai parenti dei reduci della Guerra di liberazione del Bangladesh del 1971
Tale legge, in vigore e abrogata in precedenza dalla premier Sheikh Hasina nel 2018, ha lo scopo di garantire il 30% dei posti di lavoro nel settore pubblico ai familiari dei reduci della guerra che contrappose l’India e il Pakistan orientale – che successivamente prese il nome di Bangladesh – e il Pakistan occidentale.
L’operazione militare, lanciata dall’esercito pakistano il 26 marzo del 1971, ebbe soprattutto la prerogativa, disattesa, di schiacciare il partito nazionalista bengalese, la Lega Awami, a causa delle sue marcate spinte secessioniste.
Fin dalla prima volta in cui si è tentato di emanare questa legge, essa ha alimentato aspre tensioni sociali, soprattutto perché il Bangladesh è un paese pesantemente flagellato dalla disoccupazione e da importanti tassi di povertà
Dopo essere effettivamente entrata in vigore una settimana fa, la Corte Suprema del paese, in seguito a un ricorso presentato dall’esecutivo, ha ordinato la sospensione della legge, rinviando al 7 agosto la propria sentenza in merito.
Ma gli studenti bengalesi, che fanno parte del “movimento contro le discriminazioni”, non si sono fatti intimidire e sicuramente hanno dimostrato di non aver intenzione di attendere due settimane per il verdetto della Corte Suprema.
Si sono rivolti direttamente alla prima ministra, leader tra l’altro della Lega Awami: uno stop di 48 ore delle proteste, in cambio di una presa in esame seria delle loro richieste
A quanto pare, sono stati in parte ascoltati, perché il governo ha ceduto, abbassando la quota dei posti riservati ai discendenti dei reduci al 5%.
Un discreto accomodamento che però non può cancellare quanto accaduto nelle piazze
Tra accuse rivolte ai manifestanti di essere traditori della patria e indiscrezioni secondo cui le forze dell’ordine avrebbero avuto istruzione di sparare a vista, la prima cosa che salta all’occhio è, appunto, la violenta repressione a discapito degli studenti, per la quale sono stati impiegati carri armati e che, secondo molti testimoni, avrebbe visto poliziotti in borghese sparare ad altezza uomo.
Questi e altri tipi di abusi sono stati documentati, come si confà alla nostra era digitale, con gli smartphone ma, a causa delle interruzioni alle comunicazioni, di cui il governo afferma di non essere responsabile, non riescono a essere facilmente diffusi
Nonostante i successi sul fronte del lavoro, gli studenti chiedono risposte e giustizia, e non solo coloro che vivono in madre patria, anche quanti vivono all’estero. Molti bengalesi, infatti, si sono riuniti in questi giorni in moltissime piazze del mondo, anche in Italia, unendo la propria voce a quella degli studenti a Dacca, affinché si faccia luce su tutti gli abusi del governo.
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