SUPERBONUS
Una corrente di pensiero, in primis il M5S, ritiene economicamente positivo il Superbonus al 110%.
Può darsi che abbiano ragione, beninteso, ma ci sono tesi del tutto contrarie che a me convincono di più.
Mettiamola così: se fossero vere le virtù del Superbonus, avremmo trovato la panacea universale dei conti pubblici e della soddisfazione dei bisogni privati: lanciamo una volta all’anno un Superbonus, ieri per le abitazioni, oggi per le automobili, domani per i macchinari e così via.
Il saldo che ne deriverebbe sarebbe soddisfacente per i cittadini e attivo per i conti pubblici: una magica operazione di quelle che gli americani definiscono win / win.
Ahimè non pare essere così
I bilanci si fanno sulla base di dare e avere: alla voce Superbonus il saldo è passivo: dare 110, avere 50, perdita 60.
Se la perdita sia imputabile a mancati ricavi o a eccesso di costi o a entrambe le cause poco importa: non è un fatto nominalistico: il disavanzo rilevato dal governo deriva dal saldo reale fra i costi e i benefici contabili, a prescindere da ogni diversa considerazione extra contabile: il Superbonus è costato 110, ha reso alle casse pubbliche (comunque fameliche) 50, lo spread negativo é 60.
Per di più nel caso in esame abbiamo entrambi gli elementi di passività: i mancati ricavi pari a 100 e i maggiori costi pari a 10.
Il Governo ha messo a perdita 60 (non 110). Cioè ha tenuto conto dei ritorni economici positivi che il Superbonus ha generato.
Tecnicamente in Stato Patrimoniale si mette a passivo l’intero debito (110), ad attivo l’intero beneficio (50), a perdita la differenza (60). Mentre a conto economico vanno solo le quote di ammortamento annuale delle perdite (15 nel 2023 e non 60) fino a estinzione del passivo, in questo caso previsto per l’esercizio 2027. Fino ad allora ci sarà il fardello della quota di debito da Superbonus da smaltire.
Pare difficile ogni altra via per fare bilanci veritieri, sia privati che pubblici. Se poi si ritiene che i bilanci siano falsi, allora il discorso cambia, bisogna però dimostrarlo
Quanto sopra in termini esclusivamente tecnico/contabili a prescindere da ogni altra analisi socio/politica eventualmente derivata o derivabile: qui entriamo nel campo della dottrina e delle opinioni che ne derivano.
Infatti mi sembra che nella impostazione grillina ci sia la ritornante teoria keynesiana “della domanda” e prima ancora quella filosofica hegeliana che “quello che è razionale è reale” e dunque lo Stato, costruzione razionale, che diventa soggetto reale, con la sua autonomia esistenziale e la sua capacità impositiva.
Noi liberali crediamo invece alla “economia dell’offerta”. La libertà di mercato, entro regole certe ma non asfissianti, alla continua ricerca competitiva di migliorare la qualità e diminuire i costi dei beni e dei servizi
Quanto allo Stato, per i liberali non ha alcuna personalità autonoma, nessuna capacità impositiva propria. È uno strumento come un cacciavite, inventato e usato dagli uomini per gestire meglio i bisogni comuni in società sempre più numerose e complesse.
Il concetto trova comprensibile declinazione nella Magna Carta, “non c’è potere impositivo senza rappresentanza” (no taxation without representation).
Tornando al tema Superbonus, pare veritiero il bilancio dello Stato 2023, corretto il conteggio dare/avere del Superbonus, coerente con la correttezza contabile la manovra che ne è derivata.
Quindi a me pare molto negativa, da qualunque parte la si esamini, questa anomalia economica che fa la coppia con il Reddito di cittadinanza: entrambi, lungi dal crearla, distruggono ricchezza, per di più a favore di una sola parte – neanche la migliore – del Paese.
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