Sylvestre e l’Inno, ennesimo attacco all’identità nazionale
Guardando l’ignobile spettacolo svoltosi prima della finale di Coppa Italia, mi sono venute in mente le parole del giornalista francese Eric Zemmour, che in un celebre libro ha spiegato le basi l’agire del progressismo globalista, sintetizzandolo nelle tre “D”. Derisione, Decostruzione, Distruzione.
Deridere, Decostruire, Distruggere lingue, tradizioni, rapporti sociali, simboli, culture, miti, sessi. Tutte le forme di radicamento e identità sono sotto attacco, per lasciare spazio alla creazione della società multirazziale. Si tratta di programmare individui apolidi, neutri, senza alcuna connessione con il proprio passato e privi di ambizioni che vadano oltre il tempo concesso alla carne. I consumatori perfetti.
L’esibizione di Sergio Sylvestre è stata ignobile non per la stecca, cosa che, se pur grave, rientra nel novero degli inconvenienti che possono accadere quando si affida un compito importante a chi non possiede sufficenti capacità. Il problema vero è rappresentato da ciò che si è cercato di comunicare agli italiani.
La ridicolizzazione dei nostri simboli nazionali
La Coca cola, emblema dell’imperialismo statunitense, impone il suo nome sulla seconda competizione calcistica più importante d’Italia. Al calcio va data la giusta importanza, è vero, alla fine è solo un gioco. Tuttavia, per una larga fascia di popolazione, piaccia o no, ha il valore di un rito. Qui si evidenzia uno dei meccanismi che maggiormente alimentano il modello consumista: la sostituzione dei miti fondativi di un popolo con i loghi delle multinazionali. Comprare spasmodicamente, del resto, è diventato il principale obiettivo delle masse obnubilate.
Per quanto riguarda l’oltraggio subito dal nostro Inno nazionale, non dobbiamo prendercela tanto con l’interprete, probabilmente inconsapevole del valore profondo de “Il Canto degli italiani”, ma piuttosto con chi lo ha selezionato per un incarico del genere. Evidente l’intento di lanciare un messaggio politico: Sylvestre, di cui fino ad ieri ignoravo l’esitenza, incarna perfettamente l’uomo sradicato, il migrante perpetuo, colui che è stato privato di ogni vincolo territoriale e vive da omologato. Nato a Los Angeles da madre messicana e padre haitiano, nel 2012 visita l’italia e dopo un periodo da turista decide di trasferirsi in Salento. Veste americano, brama la televisione, scimmiotta gesti da ribellismo conformista.
Uno strumento perfetto per chi, in ottica decostruttrice, intende svuotare di significato i pilastri della nostra identità. Sceneggiate come quella di ieri sono funzionali a depotenziare il valore più profondo del nostro Inno Nazionale, mostrandolo come una canzoncina cantabile da chiunque in qualunque modo, come se fosse un banale tormentone estivo. Esistono forze autenticamente anti-nazionali che lavorano meticolosamente affinchè gli italiani perdano consapevolezza di se stessi, l’amore patriottico del Mameli, in questo contesto, è visto come un nemico da abbattare perchè in esso il popolo, nonostante tutto, si specchia ancora.
Il popolo italiano risponde
Le risposte popolari però, fortunatamente, bocciano il pensiero delle oligarchie cosmopolite. La maggioranza degli italiani oggi si è scagliata duramente contro questa vera e propria blasfemia. La dura reazione dell’opinione pubblica, per adesso, ha rimesso le cose a posto, restituendo al nostro Inno nazionale tutto il suo Sacro valore. In corso c’è una vera e propria guerra contro l’italianità e nessuno può sapere come andrà a finire.
La cosa certa è che alcuni italiani, oltre alla pelle, difenderanno anche lo Spirito.
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