Toghe rosse – Ancora chat, ancora uno spaccato sulla magistratura politicizzata in cui l’intreccio tra Pd, Associazione nazionale dei magistrati e Consiglio superiore della magistratura appare sempre più evidente. Dopo le rivelazioni su come l’allora vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini del Pd, avesse ordinato a Luca Palamara, allora membro del Csm di fare una nota contro l’allora ministro dell’Interno Salvini sul caso Diciotti, sempre con la scusa della difesa dell’autonomia della magistratura, pubblicate dal quotidiano La Verità, ieri lo stesso Legnini ha tentato di giustificare il suo intervento. E lo ha fatto peraltro tentando di scaricare il sodale Palamara, oggi indagato per sospetta corruzione nello scandalo del mercato delle toghe. Peccato che l’autodifesa dell’ex vicepresidente del Csm non solo non sta in piedi ma offre la possibilità al quotidiano La Verità di pubblicare nuovi stralci delle chat WhatsApp nel centro del mirino. Scambi di battute che smentiscono clamorosamente Legnini. Ma andiamo per ordine.
L’autodifesa di Legnini
Ieri Legnini in una nota ha rivendicato il suo operato, ossia l’ordine impartito a Palamara di attaccare Salvini con un comunicato del Csm a firma delle correnti dell’Anm e di portare il caso Diciotti al plenum di Palazzo dei Marescialli: “Si trattò di un intervento doveroso, che rientra nelle competenze del Csm, svolto esclusivamente a tutela dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, e che rifarei esattamente negli stessi termini”. I messaggi pubblicati, secondo l’esponente Pd oggi commissario per la ricostruzione dopo il terremoto del Centro Italia, “non hanno nulla a che vedere” con la vicenda Palamara.
Le chat che smentiscono l’ex vicepresidente del Csm
Ma una chat pubblicata oggi dal quotidiano La Verità, smonta la tesi di autodifesa di Legnini. Si legge infatti che il consigliere del Csm Nicola Clivio (corrente Area, di sinistra) non è molto convinto della strategia dell’allora vicepresidente. “Ma Giò (si riferisce a Giovanni Legnini ndr) si candida per Abruzzo. Sarebbe importante saperlo visto l’aria che tira“, chiede Clivio a Palamara il 24 agosto 2018 (lo stesso giorno in cui Legnini chiede proprio a Palamara di scrivere una nota contro Salvini sul caso Diciotti). La risposta del boss della corrente Unicost non tarda ad arrivare: “Ancora incertezza”. Al che Clivio ribatte: “Ok. Perché lui ci chiede di dire qualcosa sulla storia della nave e noi lo facciamo volentieri ma poi non si deve direi che lui comincia così la sua campagna elettorale. Chiaro lo schema?”. Palamara cerca di far capire a Clivio come stanno le cose con due messaggi: “Esatto lo chiede a tutti anche a noi. Gli ho detto che ci devo riflettere. Deve essere una riflessione di tutti”. E ancora: “Per farlo occorre: 1. Richiesta di tutti noi, 2. Coperta anche dai nuovi… Altrimenti la nostra diventa una cacchetta…”.
Stanno parlando della nota ordinata da Legnini e pubblicata il giorno dopo. Quella nota diffusa dallo stesso ex vicepresidente del Csm (e subito pubblicata da Repubblica) che evidenzia come l’obiettivo dei magistrati fosse quello di “garantire l’indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle indagini e di ogni attività giudiziaria, senza invadere il campo di valutazioni e decisioni che spettano al potere esecutivo e a quello giudiziario”. Ma abbiamo visto che invece accadeva il contrario esatto: i magistrati politicizzati utilizzano Anm e Csm per attaccare gli avversari in stretto contento con i partiti, in questo caso con il Pd.
Legnini e Palamara contattano Patronaggio, che indaga su Salvini
Come se non bastasse, riporta sempre La Verità, Legnini e Palamara, all’epoca dei fatti entrano in contatto anche direttamente con il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha aperto il fascicolo su Salvini per sequestro di persona. “Carissimo Luigi ti chiamerà anche Legnini siamo tutti con te un abbraccio”, gli scrive Palamara. Immediata la risposta: “Grazie. Mi ha già chiamato e mi ha fatto molto piacere”.
Da Bruti Liberati fino all’ultimo giudice, tutti chiedono favori a Palamara
Quello che emerge è che al centro di tutte le chat pubblicate finora c’è sempre Palamara. Tutti chiedevano favori all’ex presidente dell’Anm. Dallo storico ex procuratore di Milano e leader della corrente delle toghe rosse per antonomasia Magistratura democratica Edmondo Bruti Liberati, durante lo scontro con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo (neanche a dirlo, alla fine Robledo sarà degradato a pm), fino a tale Valeria Piccone, sempre di Magistratura democratica, che addirittura gli scrive: “Mi aiuti a trovare casa?… Non posso più vivere al Fleming”. E certo, sono questi i problemi.
…e il Pd cade dalle nuvole sulle toghe rosse
Mentre vanno avanti le indagini della procura di Perugia e la rete di potere e clientelismo di Palamara viene sempre più a galla – e quindi ci saranno altri nomi di toghe politicizzate e di politici che spunteranno fuori – il Pd, come se vivesse su un altro pianeta e non fosse coinvolto in prima persona, parla di urgente riforma del Csm. E l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando dice che ormai all’interno dell’Anm “le correnti non hanno più carattere ideale e culturale”. Cosa ci sarebbe di ideale nella spartizione delle nomine come in una maggioranza di partiti eterogenei tra loro ma tutti uniti dal preservare il loro potere (sì, stiamo parlando dell’Anm ma sembrano i giallofucsia), Orlando ce lo dovrebbe spiegare.
Adolfo Spezzaferro per www.ilprimatonazionale.it
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