“Un sistema produttivo locale, anche di carattere interprovinciale, a spiccata vocazione agricola biologica che rispetta i criteri di sostenibilità ambientale, conservazione del suolo agricolo e tutela dell’agrobiodiversità.“. Questa la definizione di “distretto biologico” che emerge nella legge d’iniziativa della Giunta, approvata a maggioranza nell’aula del Consiglio Regionale della Toscana, con l’astensione del centrodestra.
Seguendo un approccio territoriale “non puntiforme, ma strategico” la legge promuove, disciplina ed incentiva lo sviluppo della coltivazione, dell’allevamento, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari biologici secondo il modello del distretto, applicato ad un territorio dove insiste un sistema produttivo locale a spiccata vocazione agricola bio, che ne consenta lo sviluppo.
Nel modello di distretto è previsto quindi un accordo tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni per la gestione sostenibile delle risorse locali, partendo dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio). Si fa poi una distinzione tra i soggetti che devono obbligatoriamente essere parti dell’accordo al fine del riconoscimento del distretto biologico – almeno tre imprenditori agricoli biologici ed un terzo dei comuni del territorio del distretto -, ed altri soggetti che possono invece aderire all’accordo come associazioni, soggetti terzi, enti pubblici o privati. I distretti rurali che facciano richiesta alla competente struttura della Giunta per ottenere il riconoscimento come distretto biologico potranno conservare comunque il riconoscimento di “distretto rurale” grazie ad un emendamento presentato da Gianni Anselmi, Marco Niccolai e Simone Bezzini (Pd) approvato nella votazione finale. Già in sede di licenziamento da parte della commissione, Anselmi aveva precisato che “la legge segue quella sui distretti rurali, anzi, ne diventa una declinazione caratterizzata biologicamente. L’idea – aveva affermato in quella sede il presidente – è quella di consentire ai territori impegnati sulla strada del biologico di costituire questi distretti“.
Tra i requisiti indispensabili per il riconoscimento dei distretti biologici, oltre al numero minimo di produttori citato poc’anzi anche una superficie minima condotta con metodo biologico pari almeno il 30% rispetto alla superficie utilizzata nel distretto. “Si tratta, – ha spiegato il presidente Anselmi – dell’accoglimento di uno degli emendamenti proposti da Sì – Toscana a Sinistra, come confermato da Tommaso Fattori (Si): “La nostra ratio – ha spiegato il consigliere – era quella di venire incontro ai piccoli o piccolissimi agricoltori biologici che, a differenza dei grandi latifondisti, non hanno la possibilità di destinare il 50 per cento al biologico e l’altro 50 all’agricoltura tradizionale ed anche di andare incontro a quei piccoli e piccolissimi coltivatori che, specie in zone come il monte Amiata possiedono pascoli che devono essere calcolati nella conduzione media del territorio“. Completano il quadro dei requisiti la creazione di una assemblea di distretto ed il costante orientamento all’incremento del biologico unito all’impegno a disincentivare l’utilizzo di prodotti fitosanitari. Seguirà infine l’istituzione di un tavolo tecnico regionale dei distretti biologici convocato almeno due volte l’anno per il coordinamento ed il monitoraggio delle loro attività.
Un passo “significativo e importante” nelle parole del consigliere Marco Niccolai (Pd), che in sede di votazione ha espresso riconoscimenti all’assessore all’agricoltura Remaschi per il Piano di sviluppo rurale “grazie al quale Regione ha destinato 130 milioni euro alla riconversione biologica della nostra agricoltura in cui il biologico costituisce il 25% della superficie utile agricola del nostro territorio“. Con la disciplina sui distretti biologici, afferma Niccolai: “si rafforza l’obiettivo di fare rete, mettendo insieme soggetti pubblici e privati“; si dà “la possibilità di partecipare alla progettualità che la Regione mette in campo anche a comuni ed enti pubblici” ed in particolare si “dà copertura giuridica all’esperienza dei biodistretti, nati e che stanno nascendo sul nostro territorio“.
Irene Galletti (M5S) ha annunciato il voto positivo esprimendo soddisfazione per l’accoglimento in commissione dell’emendamento di Sì – Toscana a Sinistra. Secondo l’esponente del Movimento 5 Stelle la legge nel complesso “è piuttosto positiva“, anche se rileva delle criticità: “relativamente alla spinta alla ricerca e allo sviluppo la legge è poco coraggiosa” ha affermato Galletti. “Si poteva fare di più anche per la previsione dell’utilizzo dei fitofarmaci“, mentre “appare piuttosto complesso” il previsto progetto territoriale integrato con cui, secondo il testo, il distretto biologico “definisce le strategie territoriali integrate” per il quale, secondo il consigliere “servono professionalità e molto lavoro“. Galletti ha concluso con l’auspicio che il biologico, in Toscana, venga “promosso il più possibile“, anche per la ristorazione collettiva nelle mense.
Bocciato dall’aula l’emendamento proposto dalla Lega, argomentato in aula dal consigliere Luciana Bartolini, che in sede di votazione ha riconosciuto nel distretto biologico “un modello innovativo capace di aggregare molti attori, rafforzare la tutela ambientale, contribuire all’arresto dello spopolamento delle aree e promuovere la salute“. Bartolini ha però sottolineato l’apparente contraddizione con il testo di una pubblicazione della Regione Toscana contenente la definizione di “biologico”. I punti in contrasto sarebbero due, il primo: “Bisogna escludere l’uso di fitofarmaci dalla coltivazione biologica”, il secondo concernente le dimensioni dell’area qualificata come distretto biologico, che – secondo la pubblicazione citata “deve essere pari almeno al 50% rispetto alla superficie agricola utilizzata“, anziché al 30% come previsto dalla presente legge.
Riserve sulla legge anche da parte del consigliere Roberto Salvini (Lega), che ha dischiarato l’astensione del suo gruppo: “si ammette di poter utilizzare prodotti chimici anche in piccolissima quantità, anziché usare prodotti e concimi naturali” ed ha aggiunto: “non si possono fare distretti biologici a macchia di leopardo: questa legge non soddisfa questi elementi importanti per avere un prodotto di altissima qualità“.
L’assessore Remaschi (Pd) ha ribadito che poter “individuare il distretto biologico anche all’interno del distretto rurale vuole dire concettualmente spingere il mondo agricolo a fare pratica agronomiche più rispettose dell’ambiente“. Remaschi ha quindi annunciato che a settembre la Giunta presenterà ad una iniziativa sulle mense a km zero, “per dare significatività anche ai piccoli produttori in questo ambito“. “Nel Piano di sviluppo rurale – ha ricordato Remaschi – “abbiamo messo 950 milioni di euro, di cui 135 su questa misura; c’è già l’impegno in Giunta di fare ulteriori bandi nel 2020, per nuovi insediamenti e per l’aspetto del mantenimento“.