La fine dell’U.R.S.S. – Mentre in Italia gli esiti del referendum a favore della preferenza unica facevano vacillare la prima Repubblica (su circa 28 milioni di votanti, circa 27 milioni votarono a favore) gli esiti della caduta del Muro di Berlino facevano franare tutta la struttura politica sovietica. Raccontava Giulio Andreotti, che al G7 di Londra nel luglio 1991 Gorbaciov, ringraziando l’Occidente per gli aiuti che gli stava fornendo, chiese di non fare pressioni per accelerare le riforme che lui stava attuando. Per non provocare la caduta a effetto domino delle economie sovietiche che erano strettamente integrate.
Ma la corsa alla libertà delle repubbliche sovietiche era inarrestabile. Le prime a sollevarsi furono le repubbliche baltiche, Estonia Lettonia e Lituania, che da sempre si sentivano estranee al sistema dei Soviet. Gorbaciov, cedendo ai militari, tentò con i carri armati di fermare la storia, ma fu un fiasco. Leningrado, culla della Rivoluzione di febbraio prese il nome di San Pietroburgo e cancellò in un colpo 74 ani di stalinismo.
Nell’ottobre del 1990 Gorbaciov aveva ricevuto il premio Nobel per la pace. Era una star, ma l’occidente gli remava contro. Sempre Andreotti ebbe a dire che “comunque non avrebbe retto, anche con il nostro aiuto”. Ma l’atteggiamento occidentale favorì le forze a lui ostili.
Nell’agosto del 1991 a Mosca un comitato di emergenza composto da vecchi nomi del partito moscovita, con a capo Ghennadi Yanaev tentò maldestramente un colpo di stato contro le riforme della perestroika. Mentre Michail Gorbaciov trascorreva una breve vacanza in Crimea. I proclami dei golpisti furono chiari: ”un grave pericolo incombe… le riforme di Mikhail Gorbaciov sono arrivate ad un vicolo cieco… senza un cambiamento urgente la fame e la miseria sono incombenti”.
La presa di posizione di Eltsin
A questo gruppo di scellerati reazionari si oppose con veemenza e determinazione, forte della sua popolarità, Boris Eltsin presidente della Russia. Famose le immagini che lo riprendevano mentre arringa la folla dal tetto di un carro armato.
Il presidente prima di arroccarsi nella Duma, il palazzo del parlamento russo, definì criminali i golpisti. Invocò lo sciopero generale, chiamandoli alla resa dei conti. Il putsch fallì e i cospiratori fuggirono. Gorbaciov, che temeva di essere ucciso, fu ripescato dalla Crimea e riportato di peso al Cremlino. A quel punto Gorbaciov, ancora vivo, era un miracolato, non più un leader.
Lo scettro era passato a Boris Eltsin e il 21 dicembre 2021 fu firmato il trattato di Alma Ata, che dava vita alla Comunità di Stati Indipendenti, misero epilogo della defunta Urss. Gorbaciov dovette dileguarsi e alla fine dell’anno, il 31 dicembre del 1991, la bandiera rossa veniva ammainata per sempre dal Cremlino. L’U.r.s.s. finiva di esistere, lasciando grande vuoto e confusione per gli stati che le succedevano.
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