«Non ci sono riscontri sulla malattia mentale del killer». Le immagini della sparatoria avvenuta in Questura a Trieste, riprese dalle telecamere nell’atrio e all’esterno del palazzo e sequestrate dall’autorità giudiziaria, mostrano una parte del conflitto a fuoco col personale di guardia e il tentativo di fuga di Alejandro Stephan Meran, subito dopo l’omicidio due poliziotti. L’uomo, si rileva nel decreto di fermo, ha mostrato «lucidità» portando avanti «l’azione aggressiva». Il gip nell’ordinanza che dispone il carcere per il killer, rileva l’assenza di riscontri oggettivi su una possibile malattia psichica dell’uomo.
Secondo gli inquirenti le uniche prove in merito a un presunto disagio psichico provengono dalle testimonianze dei familiari e sono dunque di parte. Verifiche verranno fatte eventualmente in un momento successivo oppure nel caso che dalla Germania giungessero atti o documenti a comprovare che Alejandro era seguito da operatori sanitari per disagi psichici. Investigatori e inquirenti troverebbero conferma di una lucidità dell’uomo anche nel fatto che l’ambulanza del 118 giunta con le auto della Volante e della Mobile a prendere i due fratelli dopo che erano stati chiamati da questi ultimi, non ha preso in carico Alejandro, proprio perché non avrebbe manifestato alcun problema.
«Fasi estremamente concitate al tempo stesso drammatiche». Così il Questore di Trieste, Giuseppe Petronzi, ha definito i filmati delle telecamere che hanno ripreso la scena della sparatoria all’interno della questura. Fasi che «hanno testimoniato la capacità di risposta dell’apparato che è riuscito a rendere inerte e a fermare la persona immediatamente, scongiurando la possibilità che potesse fare danni peggiori», ha concluso.
Augusto Stephan Meran ha mostrato «lucidità» nella «manovra aggressiva» con cui prima ha ucciso i due agenti della questura di Trieste, ne ha ferito alla mano un terzo e poi, sempre sparando ad altezza d’uomo, «come si evince dai filmati tratti dalla sicurezza interna della questura» ha tentato l’omicidio «di almeno altri 8 agenti».
Il 29enne si trovava in questura per il furto di uno scooter. Ha chiesto di andare in bagno e una volta uscito è riuscito a impossessarsi della pistola di Rotta e ad ucciderlo, poi ha ucciso anche Demenego e si è fatto largo nell’atrio della questura con le sue semiautomatiche tolte alle vittime – particolare dedotto dalle immagini delle telecamere – prima di essere ferito all’inguine e bloccato da uno degli agenti della Mobile che rientrava in via Tor Bandena. Il fratello dell’arrestato ha sempre fatto riferimento a un disturbo psichico, ma il 29enne non era in cura in nessun servizio di igiene mentale del capoluogo.