Mi si stringe il cuore immaginando The Donald mentre si trascina nello Studio Ovale solo soletto, con uno smartphone come unica, magra, consolazione.
Proprio oggi che è Natale, il Presidentissimo è rimasto a fare gli straordinari, poveretto, lui che si illudeva di poter passeggiare placidamente nella tenuta di Mar-A-Lago, sotto il sole della Florida. La borsa da golf era pronta, niente da fare.
E allora Trump si sfoga, e ne ha per tutti. Il mezzo utilizzato è…Twitter. Il livello, più o meno, è quello di Gianluca Vacchi, con la “leggera” differenza che il laccato d’oltreoceano governa il mondo. O quantomeno vorrebbe poterlo fare: “L’unico problema dell’economia americana è la Fed” ringhia frustrato.
La Federal Reserve come ben sai, caro Donald, non è americana se non nel nome – i sei azionisti che la detengono sono israeliani, o ebrei – che a Israele fanno capo. Comandano loro – il rubinetto dei dollari è nelle loro grinfie – se lo chiudono abbassi il bandone.
Non a caso il ministro del Tesoro Steven Munich (che è anche l’ultimo decente che non ti ha piantato in asso) sta cercando di calmare i mercati assicurando che il capo della Federal Reserve Jerome H. Powell non sarà cacciato.
Donald ingoia il rospo con un sorso di Coca Zero, ma non ci sta e, da vero duro, sfoga la sua rabbia: sui bambini.
Il presidente ha parlato al telefono con i bambini americani durante il programma «Norad Tracks Santa», diventato una tradizione natalizia dopo che un bambino erroneamente telefonò al precursore del Comando di difesa aerospaziale nordamericano nel 1955 chiedendo di parlare con Babbo Natale.
Il prigioniero della Casa Bianca, affiancato dalla paziente Melania, parla al telefono con il piccolo Coleman – un trepidante bambino di 7 anni che voleva sapere a che punto fosse Babbo Natale con la slitta dei regali – Trump ribatte con una domanda secca: «Ma credi ancora a Babbo Natale?». Coleman candidamente risponde di sì, ci crede ancora, nonostante l’idiota all’altro capo del telefono.
Buon Natale anche a te, Donald.